Peronospora Killer: l’alibi perfetto per importare. E la sovranità alimentare?

Peronospora killer? Le parole, come diceva Nanni Moretti, sono importanti e sinceramente associare alla peronospora la parola killer è dare avvio alla solita narrazione dove ci sono carnefici e vittime.

Ed è il momento di smetterla, iniziando a parlare con responsabilità…a tutti i livelli. L’agricoltura, si sa, subisce per prima gli effetti dei cambiamenti climatici i cui impatti ormai si stanno facendo sentire già da diversi anni.

Periodi siccitosi che si alternano a gelate, temperature altissime e precipitazioni abbondanti da record che scaricano in due giorni l’acqua che non è piovuta in 12 mesi. La tropicalizzazione del clima fa il paio con la desertificazione di alcune zone, mentre il mare si sta mangiando km di coste. E a ciò si aggiunge l’attacco di malattie fungine come la peronospora che stanno colpendo l’uva da tavola, ma non sta risparmiando anche altri frutti.

Tutto ciò non accadrà domani, è accaduto ieri. E gli effetti li stiamo subendo e vivendo oggi. Ma non è tempo di lasciarci ad un vittimismo che non prevede una reazione.

Certo bene fanno le organizzazioni di categorie ed i movimenti spontanei di produttori a chiedere ristori immediati e una riforma strutturale del sistema assicurativo che, così com’è, non supporta al meglio il comparto (e qui si deve agire a livello europeo perché non c’è paese che viene toccato). Ma un sostegno lo si deve chiedere anche alla grande distribuzione.

Il consumatore che è stato abituato ad avere tutto durante tutto l’anno a prezzi sempre più scontati deve essere educato a percepire il valore di ciò che sta acquistando perché non potrà avere tutto come prima. La disponibilità di frutta è sicuramente compromessa: le quantità non saranno quelle degli scorsi anni.

Ma ciò non può essere una scusa per la GDO per aprire le porta a frutta di importazione, anzi… Insieme si deve cercare di valorizzare ciò che abbiamo.

Bene stanno facendo gli amici del Veneto a dare avvio ad una campagna di sensibilizzazione e di comunicazione che punta a valorizzare i vini nobili affinchè non si realizzino quest’anno con uve di importazione.

E’ davvero il momento di difendere il Made in Italy, è l’ora di dissipare i dubbi su cosa si intendeva in merito alla sovranità alimentare. Non servono solo sussidi, serve una cabina di regia coesa sul raggiungimento di un unico obiettivo: per le produzioni colpite da calamità e malattie fungine non si può aggiungere al danno la beffa…quel poco di raccolto che c’è va valorizzato, va pagato al giusto prezzo senza essere messo da parte da importazioni massive dall’estero solo perché il cliente ha sempre ragione. Anche questa narrazione va confutata.

Il cliente deve mangiare ciò che la natura mette a disposizione in un territorio pagandolo ad un prezzo che dia ristoro a chi lo ha prodotto. Questa è la vera sovranità alimentare.

Editoriale a cura di Donato Fanelli

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