Sentenza Cassazione sulla tutela diritto intellettuale, la posizione ufficiale della CUT

Massimiliano Del Core, Presidente della Commissione Italiana Uva da Tavola, rappresenta in modo dettagliato la posizione della CUT sulla recente sentenza sulla tutela del diritto intellettuale sulle varietà protette.

La sentenza della Cassazione per i più appare come un liberi tutti..è davvero così?

A nostro modo di vedere la sentenza conclama in realtà quanto da noi sostenuto da tempo. In un convegno sul tema, che organizzammo nel 2022, emerse chiaramente, anche grazie al parere competente dell’avv. Acquafredda (Trevisan&Cuonzo), che il frutto pendente prodotto da materiale vegetale oggetto di privativa, legalmente piantato e propagato, non è soggetto ad alcun vincolo nella vendita e distribuzione, e dunque il produttore legalmente licenziato dal breeder a piantare e produrre una cultivar sotto licenza può vendere il prodotto liberamente. Va precisato però che ciò può avvenire purchè in fase di vendita e collocamento sul mercato non sia utilizzato il marchio commerciale collegato alla varietà, in quanto protetto da un ulteriore brevetto, e quindi concesso in licenza di uso legittimamente solo ad alcuni operatori. Il disposto scaturisce dal fatto che il diritto alla tutela della privativa vegetale segue solo il materiale di propagazione e si esaurisce al momento in cui la pianta viene concessa in licenza in produzione, non estendendosi anche al frutto che da quella pianta deriva.

La posizione della Cut, associazione di filiera, composta da produttori, operatori commerciali, Op e tecnici del sistema dell’uva da tavola italiana, è da sempre quella del dialogo, dell’intesa e della programmazione tra gli operatori della filiera: un ruolo fondamentale rivestono anche breeders (italiani e stranieri) e mercato. Per questo, crediamo sia necessario dare seguito alla nostra proposta di istituire il “Tavolo dell’innovazione italiana dell’uva da tavola”.

Il risultato di un confronto costruttivo tra le parti non può che essere positivo: innovazione per il comparto, efficienza per le aziende, competitività sul mercato e profitto distribuito tra tutte le parti in causa in relazione al rischio ed all’attività svolta. Il concetto di “liberi tutti”, che per altro non è  configurabile, come detto, anche a seguito della sentenza in oggetto, rischia di veicolare un messaggio pericoloso e improduttivo per il settore, a nostro avviso.

Per il comparto continua ad essere fondamentale lavorare in filiera, una filiera vera, virtuosa, che privilegi rapporti commerciali trasparenti ed equi tra produttore e commerciante, che porti alla massima valorizzazione della cultivar e del marchio varietale sul mercato, grazie al lavoro di promozione svolto proprio dai breeders ed al costante impegno degli operatori nell’offrire qualità.  

Può davvero un produttore vendere a chi vuole? Se c’è una ben precisa scelta del breeder in termini di posizionamento di mercato e addirittura decidere le aree di mercato da aggredire, cosa cambia oggi?

La libertà che il settore deve saper gestire con consapevolezza è quella di poter scegliere quale filiera commerciale seguire, in base ai reciproci indubbi vantaggi che derivano dal programmare insieme cosa produrre, per quale mercato, con quali caratteristiche organolettiche, in quale epoca e a quali condizioni economiche: se interpretato in questa maniera anche il format del “club” non costituisce un vincolo per gli operatori , ma un’opportunità di successo per tutti, come avviene d’altronde in altre filiere globali importanti e performanti come quella delle mele e dei kiwi, ad esempio.

Quali impatti ha la sentenza sul ruolo e sul futuro dei club varietali?

La formula “club”, che per altro funziona perfettamente, come detto, in altre filiere ed in altri paesi, esce solo parzialmente ridimensionata dalla sentenza di cui ci stiamo occupando. Viene infatti “sterilizzato” il meccanismo che il sistema produttivo ha sempre avvertito (correttamente…) come coercitivo e vincolante: quello per cui qualcun’ altro indicava a chi vendere il prodotto, creando un limite al diritto dell’agricoltore di trarre reddito liberamente dal frutto del proprio lavoro sulla propria terra. Rimane però indispensabile cogliere l’opportunità che il “club” mette a disposizione di tutti: quella di affidare a Op e filiere commerciali, che per loro caratteristiche e le loro potenzialità sono state licenziate all’utilizzo del marchio, la vendita e la massima valorizzazione della varietà sul mercato, ottenendo così il miglior prezzo possibile.

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