Focus sui Biostimolanti a marchio CE, parola a Mariano Alessio Vernì

Ai microfoni di Foglie abbiamo avuto il piacere di intervistare il dott. Mariano Alessio Vernì della SILC fertilizzanti, società leader dedicata all’informazione logistico-commerciale ed agli aspetti regolatori che interessano gli operatori del settore fertilizzanti.

 Attualmente sul mercato nazionale continuiamo a trovare biostimolanti rispondenti ai requisiti del decreto legislativo del 29 aprile 2010, n° 75. Ma le aziende produttrici stanno lavorando per certificare i biostimolanti in conformità alla nuova normativa, marchiandoli CE per permettere la libera circolazione in tutte Europa. Possono coesistere le due normative?

 È lo stesso regolamento UE che consente ai singoli Stati Membri di mantenere le norme locali, pertanto per molto tempo ancora continueremo a trovare biostimolanti regolamentati ai sensi del decreto legislativo 75/2010, ai quali si affiancheranno, man mano, gli altri a marchio CE. La normativa italiana prevede una decina di tipologie di prodotti e, solo in agricoltura biologica, il Sian contiene un migliaio di biostimolanti registrati da centinaia di fabbricanti.  

Ne consegue che ci sarà una sorta di coesistenza: da una parte ci saranno i prodotti “nazionali” che continueranno a restare sul mercato e, poi man mano nel tempo, si affiancheranno quelli con il marchio CE Come ha fatto la Spaa s.r.l. che ha presentato in un incontro il Surnan adeguandosi alla strategia che stanno applicando le multinazionali del settore biostimolanti. 

Vale la pena di sottolineare che, per come è strutturato oggi il SIAN, si possono registrare solamente i biostimolanti disciplinati dal Dlgs N° 75/2010, quindi non si possono registrare gli altri o meglio non si riesce proprio ad inserirli, nemmeno nel registro dei prodotti consentiti in agricoltura biologica. Purtroppo il decreto nazionale del biologico (n° 229771 del 20 maggio 2022) cita esclusivamente il SIAN, cioè l’allegato 13 del decreto legislativo 75/2010 come fonte di fertilizzanti consentiti sulle coltivazioni biologiche, di conseguenza i biostimolanti a marchio CE non potendo essere inseriti nel SIAN non possono nemmeno essere utilizzati in agricoltura biologica. Questa situazione si potrebbe bypassare, nonostante l’impasse burocratico, in modo pratico ad esempio grazie ad un sorta di accordo tra agricoltore e il suo organismo di certificazione, per alcuni di essi, una volta accettato il fatto che non si trova il biostimolante nel Sian ma che tutte le materie prime sono comprese nel regolamento UE 2021 n°1165 in materia di agricoltura biologica secondo l’allegato 2, si offre il beneplacito all’agricoltore.

Però ecco la cosa importante che voglio ribadire è che sul mercato continueranno ad esserci biostimolanti nazionali che coesisteranno con quelli a marchio CE, almeno fino a che non ci sarà un nuovo approccio legislativo italiano ma si dovranno attendere alcuni anni.

Ma come si ottiene il marchio CE e qual è l’iter?

 I biostimolanti sono una categoria funzionale di prodotto (PFC), che nel nuovo Regolamento UE si identificano con la sigla PFC6. Questa categoria di prodotti richiede obbligatoriamente l’intervento di un organismo di certificazione terzo. Ad oggi ce ne sono una decina, tutti quanti fuori dall’Italia, ad esempio nei Paesi Bassi, in Ungheria, in Francia, in Spagna, in Belgio. Quindi è necessario rivolgersi a un organismo di certificazione straniero, vale a dire che tutta la documentazione deve essere fatta almeno in inglese. La procedura prevede innanzitutto la valutazione di tutti i costituenti che vanno, quindi, analizzati per accertarsi che rispettino i requisiti previsti per quelle che il nuovo Regolamento definisce categorie di materiali costituenti (CMC). Al momento ce ne sono 15 ma nei i biostimolanti si usano solitamente 5-6 7 CMC, non di più. 

Una volta ottenuto il “semaforo verde” si passa alla seconda fase: si inquadra il prodotto come biostimolante e seguendo quelle che sono le specifiche tecniche previste per la PFC6, si deve individuare l’esatta funzione da dare al nostro biostimolante perchè non ne esiste uno per “tutte le stagioni”. 

Le funzioni svolte da un biostimolante sono divise in quattro gruppi che concorrono a migliorare una o più delle caratteristiche delle piante o della loro rizosfera (rivendicazioni o claim):

  1. a) efficienza dell’uso dei nutrienti;
  2. b) tolleranza allo stress abiotico;
  3. c) caratteristiche qualitative; o
  4. d) disponibilità di nutrienti contenuti nel suolo o nella rizosfera.

Allo stesso tempo si deve decidere su quale gruppo (o gruppi) di coltivazioni fare le prove agronomiche a supporto dell’efficacia del biostimolante.

Le famiglie di coltivazioni previste dalle specifiche tecniche sono tre:

  • Estensive (grano, mais, patata, barbabietola)
  • Legnose Perenni (pomacee, drupacee, agrumi, vite, ecc.) 
  • Orticole, ornamentali, aromatiche (basilico, melanzana, pomodoro, melone, ecc.) 

Bisogna quindi focalizzare gli studi su quante e quali rivendicazioni e su quali gruppi di colture che si vogliono poi includere nell’etichetta del biostimolante. Il numero totale di prove dovrà essere commisurato a questi due elementi e varia da minimo 3 fino ad arrivare a 9, passando attraverso altri step. A seconda del claim e del gruppo di coltivazioni le prove si possono fare in camera climatica mentre se ad esempio le prove interessano le arboree sarà necessario farle in pieno campo con tempi ben definiti secondo i cicli della pianta: questo fa sì che si amplia il lavoro e con esso anche i costi.

Tutta la documentazione predisposta (valutazione delle materie prime, rispetto dei requisiti della PFC6, prove agronomiche a supporto dei claim, un fac-simile di etichetta, la dichiarazione Ue di conformità, ecc.) sarà consegnata all’organismo di certificazione che, attraverso i suoi esperti di valutazione dei dossier, procederà ad analizzarla. 

Al termine del processo di valutazione da parte dell’organismo, grazie alla sua approvazione si autorizza il fabbricante ad apporre il marchio CE in etichetta dando di conseguenza anche l’avvio alla commercializzazione.  

Intervista a cura della Redazione

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