Focus sulla protezione delle colture nella filiera cerasicola
Intervista all’agronomo Giacomo Mastrosimini
Facciamo un focus sulla protezione delle colture nella filiera cerasicola. Quali sono le principali insidie fungine?
I maggiori parassiti funginei del ciliegio sono i seguenti:
- Monilia
- Corineo
- Cilindrosporiosi
- Agenti del marciume radicale Armillaria mellea e Rosellinia necatrix
Appartenenti al genere Monilinie spp., le monilie che attaccano il ciliegio sono: Monilia laxa, Monilia fructigena e Monilia fructicola.
La Monilia laxa, che si avvantaggia di condizioni climatiche più fresche, colpisce principalmente i fiori del ciliegio. La Monilia fructigena e la Monilia fructicola invece hanno un optimum di temperatura più elevato e attaccano principalmente i frutti.
In condizioni climatiche tipiche del nostro territorio, gli attacchi di Monilia sui fiori sono molto rari ad eccezione di annate , come quella in corso, con frequenti piogge e presenza di umidità persistente.
L’incidenza di Monilia sui frutti inoltre è ancor più frequente nel caso in cui, a causa della pioggia, si formano spacchi nei quali le Monilie si insediano con maggiore facilità, determinando gravi danni alla produzione.
Il Corineo (Stigmina carpophila) è un fungo che in annate particolarmente umide si presenta principalmente sulle foglie. In seguito all’attacco, la pianta reagisce isolando il fungo attraverso la necrosi delle parti infette lasciando cadere la parte colpita e formando fori circolari sulle foglie. Nella nostra area produttiva questa avversità difficilmente rappresenta un problema per il ciliegio ma con primavere molto piovose come quella che stiamo vivendo, il corineo può risultare una seria avversità, specie se non sono stati eseguiti trattamenti a base di rame durante il periodo autunno-vernino, momento in cui il fungo viene facilmente controllato.
La Cilindrosporiosi (cilindrum padi) è un fungo che si manifesta sulle foglie e i peduncoli dei frutti. Il fungo sverna solitamente sui rami per poi infettare le parti verdi durante le occasioni di pioggia o elevata bagnatura fogliare. In poco tempo, dopo l’infezione, dalla lamina inferiore delle foglie si formano effluorescenze biancastre costituite dagli organi di propagazione del fungo. Dopo la prima infezione, se non controllata, la malattia può seriamente compromettere la qualità dei frutti a causa delle infezioni dei peduncoli, ma anche la produttività della pianta nel caso le infezioni siano molto precoci. Inoltre, le infezioni fogliari compromettono la funzionalità delle stesse determinandone poi una caduta precoce con relativa mancata differenziazione a fiore delle gemme per la produzione dell’anno successivo. I trattamenti a base di rame nel periodo autunno vernino, anche in questo caso sono fondamentali per abbassare l’inoculo.
Gli agenti del marciume radicale determinano sempre più danni nelle coltivazioni di ciliegio. La velocità di diffusione di questi funghi è accellerata notevolmente così come è aumentata la velocità di diffusione dell’irrigazione su ciliegio.
Per comprenderne le ragioni facciamo un passo indietro e partiamo dal portinnesto per eccellenza del ciliegio in Puglia: il Prunus mahaleb.
Questa specie in natura è principalmente presente nella macchia mediterranea, ecosistema le cui piante sono notoriamente resistente alle siccità estive del nostro territorio, con profondità del suolo molto ridotto se non assente e con una quantità notevole di roccia affiorante. In questi ambienti pur approfondendosi molto, le radici si trovano comunque in condizione di ottimale aerazione. Nei terreni coltivati invece, a causa delle eccessive lavorazioni che creano suole di lavorazione e irrigazioni molto spesso sovrastimate, si creano le condizioni per cui l’ambiente tellurico diventa asfittico.
Questo determina forti condizioni di stress che rendono le radici più vulnerabili alle infezioni di Armillaria e Rosellinia. Per evitare o ridurre la moria delle piante si devono quindi ridurre il più possibile le arature profonde, utilizzare sostanza organica in grado di migliorare la struttura dei terreni, introdurre gli inerbimenti che sono in grado di arieggiare gli strati profondi del suolo grazie ai canali lasciati dalle radici delle erbe disseccate ed evitare la piantumazione del ciliegio in zone con terreni altamente argillosi.
L’utilizzo di prodotti a base di Trichoderma possono dare dei miglioramenti solo momentanei per via del fatto che nel suolo non ci sono le condizioni idonee affinchè possa vivere per lungo tempo e in concentrazioni elevate.
Quali accortezze bisogna avere per una corretta gestione durante tutto l’anno?
Prima di arrivare ai trattamenti fitosanitari, si deve evitare che i funghi possano trovare un ambiente a loro favorevole. Interventi agronomici fondamentali sono l’arieggiamento della chioma attraverso potature e forme di allevamento idonee riducendo così le ore di bagnatura fogliare, causa principale delle infezioni.
Altra pratica molto importante è quella di dosare l’azoto tenendo conto delle asportazioni. Piante troppo lussureggianti, infatti, sono più sensibili alle infezioni di qualsiasi tipo, sia fungineo che batterico o da insetti.
Altra pratica interessante è l’utilizzo degli inerbimenti che, tra gli altri vantaggi, impedisce che la rugiada si depositi sui fiori e le prime foglioline riducendo notevolmente le occasioni di infezione funginea e batterica.
Quali sono le innovazioni di prodotto offerte dal mercato?
Per la difesa anti funginea, la maggiore innovazione degli ultimi anni è legata alla diffusione sempre più frequente di prodotti a base di microrganismi. Prova ne è che, lo storico Bacillus subtilis è stato affiancato recentemente dal Bacillus amylolyquefaciens e Metschnikowia fructicola.
La caratteristica di questi prodotti è quella di competere per gli spazi e nutrienti con eventuali microrganismi patogeni, e stimolare le piante nella produzione di sostanze di difesa endogee. Oltre ad essere necessariamente gli strumenti prediletti per il controllo delle infezioni funginee in regime biologico, questi microrganismi svolgono un’importante supporto nella difesa integrata.
Quali sono i parassiti emergenti e come si contrastano?
Il parassita alieno ormai presente da una decina di anni e che determina seri danni è la Drosophila suzukii.
Il moscerino, che ormai conosciamo tutti molto bene, ha fatto la sua comparsa in Italia nel 2009 in Trentino Alto Adige. Le sue prime osservazioni in Puglia risalgono al 2012.
Da quell’anno i programmi di difesa del ciliegio sono notevolmente cambiati.
La Drosophila suzukii è un dittero originario dei Paesi asiatici. È presente sul nostro territorio per tutto l’anno compiendo anche 10 generazioni l’anno.
In annate molto piovose e umide, l’insetto, attraverso le sue ovideposizioni, è in grado di compiere seri danni.
Durante l’ovideposizione, oltre all’uovo, la femmina inocula batteri acetici che degradano la polpa producendo il substrato di alimentazione delle larve. La ciliegia attaccata dalla Drosophila si distingue dalla classica Ragoletis cerasi grazie al fatto che nella ciliegia si trovano più di una larva e la ciliegia emanano un forte odore di aceto.
L’annata 2023 è molto favorevole per l’imenottero sia perché, le temperature medie invernali sono state elevate e quindi ad inizio primavera si è registrata già una popolazione molto elevata, sia perchè il clima umido e piovoso di Aprile e Maggio ne hanno agevolato l’attività ritrovandoci con i primi consistenti attacchi già durante le primissime raccolte di fine aprile.
Il controllo del parassita passa attraverso l’utilizzo di insetticidi quali Deltametrina, Acetamiprid, Spinetoram, Emamectina benzoato.
Risultati interessanti per il controllo del parassita sono legati all’utilizzo di reti antinsetto che però prescindono da una forma di allevamento a parete che in Puglia al momento non esiste su ciliegio.
Merita una menzione speciale la tecnica Attract & kill. Dopo l’utilizzo di trappole fai da te (specie per la coltivazione in biologico) utilizzando bottiglie colorate di rosso con esche fatte in casa con vino rosso, aceto di mele e zucchero di canna, oggi sono disponibili delle trappole pronte all’uso che promettono una capacità attrattiva nei confronti della Drosophila molto alta.
Il nostro studio in merito a questo sta sperimentando il prodotto per capirne l’efficacia in campo.
Intervista all’agronomo Giacomo Mastrosimini, Graper
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