Direttiva sui fitofarmaci, una analisi aggiuntiva non funzionale nè attendibile

Ma che vor dì…Eh no, questa volta lo voglio proprio capire.

Ho dedicato un po’ del mio misero tempo per leggere l’analisi aggiuntiva presentata dalla Commissione europea sulla revisione della direttiva sull’uso sostenibile dei prodotti fitofarmaceutici, richiesta dal Consiglio europeo. Il risultato? Mi sento come quel comico che soleva ripetere nei suoi sketch “Ie so pazzè, la capa mie nun ie bone!” (chiedo venia agli amici napoletani per la mia trasposizione grafica dal dialetto.)

Proviamo dunque a fare brain storming insieme in questo esercizio ermeneutico del dossier appena citato.

Iniziamo…
Il passaggio che ho sottolineato (e tradotto) è questo:

“Il potenziale impatto della proposta SUR sulla disponibilità di alimenti e mangimi nell’UE e la possibilità di una maggiore dipendenza dalle importazioni nonché di riduzioni delle esportazioni dipenderanno dal potenziale effetto sui raccolti. Questo deve essere visto da due angolazioni: una riduzione non gestita o mal gestita dell’uso di pesticidi può effettivamente portare a riduzioni della resa, ma una transizione ben gestita non avrà tali effetti negativi. Allo stesso tempo, è anche chiaro che, nel medio e lungo periodo, la mancanza di impollinatori ridurrà anche i raccolti, anzi la tendenza è già visibile oggi.”

Prima domanda: Noi stiamo vivendo una riduzione ben gestita o mal gestita? Tagliare senza se e senza ma entro il 2030 l’uso di determinati principi chimici determinerà un calo dei raccolti. Ma nessuno si è posto il problema come il mercato reagirà?

Una risposta noi ce l’abbiamo: aumenterà la quota di prodotti importati. E qui mi rivolgo ai policy maker: una buona transizione deriva anche da misura accompagnatorie che scongiurino questo pericolo che, tra l’altro, minerebbe alle basi le possibilità di raggiungere i target delle strategie politiche. Perché entreranno cibi poco salubri, prodotti con lavoro spesso irregolare e con l’uso di principi da noi proibiti. Semplice.

Come possiamo dunque affrontare questa minaccia concreta, visto che i paesi competitor si stanno già attrezzando lavorando sulla conservazione e sulla logistica? Mentre i nostri legislatori pensano che di tempo ne abbiamo per poterci pensare, io rispondo che siamo già in ritardo. Loro, invece, scrivono:

“Va notato che gli obiettivi di riduzione dei pesticidi SUR sono per il 2030 e questo periodo di tempo, più il tempo per l’entrata in vigore delle varie misure proposte, significa che c’è una transizione gestita con tempo per introdurre alternative e apportare modifiche graduali”.

Sottolineo questo passaggio: modifiche graduali. Evidentemente non hanno ben inteso la portata di una simile proposta normativa che impone un cambiamento radicale del nostro modo di fare agricoltura, ma che impatta anche in modo profondo sulla modalità di pensare (prima che di gestire) il mercato. From farm to fork significa che viene contemplato anche l’atto d’acquisto che non potrà essere quello di oggi. Tuttavia nelle diverse politiche se ne parla poco in termini concreti: come educhiamo ad un consumo diverso i nostri consumatori? Certo perché non potremo più comprare come facciamo oggi. E poi c’è una questione che mi tocca più da vicino: l’impatto della direttiva sarà diverso da filiera a filiera.

Questo lo sanno bene anche a Bruxelles, ma devo ammettere che la loro sortita ha del paradossale.

“Data la mancanza di dati empirici sull’uso dei pesticidi, gli studi sull’impatto pubblicati hanno utilizzato ampie ipotesi di calo della resa o hanno utilizzato stime di calo della resa specifiche per coltura e regione basate su pareri di esperti. Si stima che i maggiori impatti sulla resa in questi studi si verifichino in colture che hanno una rilevanza limitata per la sicurezza alimentare e dei mangimi, come uva, luppolo e pomodori”.

Qui c’è del genio! Lo devo ammettere. Però con altrettanta sincerità devo aggiungere: ma che vor dì “rilevanza limitata”. Chi lo stabilisce? C’è un criterio di soggettività talmente profondo che non possiamo (e non dobbiamo) prendere questa asserzione per oggettiva perché oggettiva non lo è. In termini scientifici non significa nulla! E visto che questo doveva essere un dossier basato su assiomi scientifici che dovevano corroborare una strategia politica io penso che questa frase lo faccia decadere della sua funzione e nella sua validità. Punto!

Editoriale a cura di Donato Fanelli

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