Combattiamo contro tre giganti. Paura, Ignoranza, Ingiustizie

Paura dell’innovazione, mancanza di strategie e pratiche sleali

Essere Don Quijote de la Mancha o piuttosto Sancho Panza? Essere un folle idealista o un idealista folle, oppure rimanere lucido e fortemente ancorato alla realtà per salvare il salvabile, in questa triste realtà che ci mette di fronte il moderno contemporaneo? Parto da qui per l’ultimo editoriale (e forse, per l’ultima provocazione) di fine anno. Senza proclami e senza perdermi nei meandri di una super-scontata riflessione dal solito titolo: “Quale futuro per la nostra agricoltura?”.

Il perché è presto detto: perché se continuiamo così non c’è un futuro per la nostra agricoltura. Beh, io comunque ho scelto di rispondere, meglio continuare ad essere un idealista, che però cerca di rimanere un po’ Sancho Panza e che cerca di interpretare il mondo con le armi della logica e della ragione, senza lasciarsi trasportare troppo dai sogni e dalle (iper)narrazioni del va tutto bene, va tutto a gonfie vele. Oggi mi sento Don Quijote perché come il cavaliere e come tanti miei colleghi imprenditori lotto contro i mulini a vento, contro i mali del nostro tempo: l’ingiustizia, la paura e l’ignoranza. Partiamo dalla prima.

A mio avviso c’è ingiustizia quando non c’è un’equa distribuzione del valore. Quando gli anelli della filiera non si integrano, non lavorano in maniera sinergica, ma cercano ognuno i propri interessi creando fenomeni speculativi che danneggiamo, come sempre accade, l’anello più debole, quello della produzione agricola.

Oggi in Italia, grazie soprattutto all’impegno della UE, c’è una legge che colpisce chi è avvezzo a pratiche sleali per portare avanti il proprio business. C’è una legge, sì… ma quanto è applicata? Quante denunce ci sono state e quanti procedimenti sono stati aperti?

Tuttavia per combattere le ingiustizie non basta la legge, serve un cambiamento culturale, un cambiamento di approccio nella cultura del fare business e serve, soprattutto, l’impegno delle istituzioni, come quello profuso dalla Regione Puglia nella filiera zootecnia con accordi bilaterali che uniscano produttori e aziende di trasformazione. Ma dobbiamo tutti affrontare il secondo dei grandi

mali che attanagliano il nostro settore: la paura. La paura di innovare e di innovarsi. Di cambiare visione, di mutare approccio. Di non restare ancorati al “così si è sempre fatto”. Perché il mondo iper-moderno è fluido, è attraversato da dinamiche che mu- tano in continuazione e che cambiano assetti, strutture ed organizzazioni, più o meno stabili.

Ciò che valeva ieri, può non valere domani. E per lo meno può essere non più fruttuoso o vantaggioso per gli imprenditori e per i consumatori.

Già, quello che non capiamo è che è il mercato che ci chiede di innovarci, di offrire un ventaglio sempre più aperto di opzioni e di prodotti “nuovi” sugli scaffali. Non dobbiamo avere paura di adattarci al mercato, di confrontarci con chi poi acquista i nostri prodotti, di cercare di innalzare sempre di più la qualità delle nostre eccellenze.

Ma per farlo dobbiamo combattere un’altra insidia del nostro settore: l’ignoranza. Per intenderci, parlo di incapacità di progettare, pianificare, di studiare nuove traiettorie di sviluppo, di elaborare una nuova idea di futuro che porti tutti i protagonisti del comparto agroalimentare in una inedita condizione di benessere e di prosperità.

In questo io credo e sono sicuro che il mio essere a metà Don Quijote e Sancho Panza, un po’ idealista e un po’ pragmatico e realista. I problemi del nostro settore li conosciamo tutti e noto spesso che il mio mondo, quello popolato dagli operatori e dai portatori di interesse, è diviso a metà: da una parte ci sono i disfattisti, dall’altra gli utopisti.

Da una parte i bariccaderi, dall’altra i conservatori. Il “tutto va male” contro “il tutto va bene” e i dati corroborano ora una posizione ora l’altra. Se guardiamo i volumi di affari, il livello di export raggiunto, i premi ed i riconoscimenti ai nostri prodotti, va tutto a gonfie vele. Se guardiamo le quotazioni delle diverse piazze per le filiere tipiche pugliesi va tutto male.

Bene, dove sta la realtà, dove alberga la verità? La verità è dentro di noi. Se scegliamo di essere Don Quijote o Sancho Panza.

A cura di : Donato Fanelli – Editore Foglie Tv

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