Il più grande risultato della protesta italiana? Tutti scoprono che ci sono problemi in agricoltura

Tanto rombò che…cambiarono idea. Tanto poterono le colonne dei trattori e le grida sotto i palazzi del potere da innescare una meravigliosa giravolta nella narrazione sull’agricoltura italiana. E si è passati così dal contare il numero di gelati che sulla spiaggia un italiano su tre mangia per rinfrescarsi dall’anno più caldo dai Fenici in poi, all’appello rivolto all’UE: “così state distruggendo l’agricoltura”. E beh, è il primo grande risultato di questa protesta. Però a me piace essere onesto, soprattutto in ciò che dico e faccio: le proteste dei nostri agricoltori sono molto diverse da quelle che si sono svolte in Germania e Francia. Nel primo paese l’organizzazione sindacale che ha organizzato e coordinato il dissenso mirava a togliere due provvedimenti scellerati del governo nazionale. In Francia la maxi-protesta è stata indetta dalla potente Federazione nazionale dei sindacati degli imprenditori agricoli (FNSEA) e dal sindacato Giovani Agricoltori (JA, Jeunes Agriculteurs), che hanno già dichiarato lo “stato di assedio” di Parigi. E gli annunci fatti finora dal premier Gabriel Attal, con un piano di semplificazione in diversi punti, non sono bastati a placare il malcontento. Nel nostro paese, invece, la rabbia degli agricoltori si è canalizzata in primis verso le organizzazioni sindacali, colpevoli a loro avviso di un tradimento. A salire sul banco degli imputati è stata la Coldiretti che, in un primo momento, ha preso sottogamba lo stato di malessere della base, salvo poi fare marcia indietro annunciando una manifestazione direttamente a Bruxelles. E se la CIA ha da subito cavalcato l’onda del dissenso sostenendola in modo diretto, Confagricoltura e Copagri hanno cercato di evidenziare i risultati portati a casa attraverso la concertazione con i policy maker, sostenendo le ragioni della protesta e rimandando la soluzione ad una più serrata trattativa con Bruxelles. Tuttavia un dato va attenzionato: gli agricoltori hanno capito che la PAC non è più uno strumento per lo sviluppo dell’agricoltura, bensì un mezzo indiretto che trova i suoi impatti positivi su più larga scala, tradotto: favorisce l’agroindustria e l’indotto che attorno ad essa si muove. La chiamano filiera allargata, ecco la PAC di agricolo non ha più nulla!! Una riduzione d’improvviso dei fitofarmaci con una isterica gestione del registro dei principi attivi ammessi e di contro l’importazione di prodotti coltivati senza osservare i disciplinari stringenti comunitari, una riduzione delle superfici coltivate che porta ad una massiccia importazione di prodotto estero, relazioni commerciali sbilanciate verso i più grandi mercati, un’applicazione superficiale della legge sulle pratiche sleali. Diciamocelo a denti stretti:

Non si può più fare l’agricoltore perché non vogliono l’agricoltura!!

 E il paradosso dei paradossi vuole che mentre i nostri trattori bloccano l’Italia per esprimere il dissenso verso una transizione ecologica applicata nel modo sbagliato, i media generalisti osannavano la più grande nave da crociera del mondo che inquina 8 volte di più. E certo, il problema è l’agricoltura. E’ proprio questo genere di contraddizioni che sta facendo montare la rabbia e la disperazione…perchè in fondo tutti hanno capito che non hanno più nulla da perdere. Eccezion fatta per le poltrone..qualcuno sarà costretto a rimanere o in piedi oppure col sedere per terra!

A CURA DI DONATO FANELLI

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