A PROPOSITO DI PROTESTE E…CONTENTINI

Il contentino. Così gli agricoltori hanno apostrofato le concessioni fatte da Europa e Governo. Bene, stavolta sbagliano perché, di fatto, commettono un errore lessicale. Sarò puntiglioso, ma devo fare una precisazione e cioè, fino ad ora, non c’è stato dato nulla.
Le cose bisogna dirle per quello che sono. Si fa populismo e continuano a farlo in molti, allorchè parlano di vittorie, obiettivi raggiunti e quant’altro. Forse, ai più, non è chiaro un concetto: l’agricoltura non sta più in piedi stretta nella morsa tra restrizioni e mancanza di guadagno… già, perché gli agricoltori sono diventati una partita di giro, niente di più. Sono d’accordo con l’ordine nazionale degli agronomi quando, in un editoriale che ho voluto condividere sul nostro sito tal quale, affermano: “Le proteste degli agricoltori che infiammano l’Europa nascono da problemi complessi, sovrapposti e che necessitano di uno sguardo d’insieme”. Ed è proprio questo che manca: lo sguardo d’insieme, la consapevolezza di affrontare la complessità con un approccio che “tenga tutto dentro”. La stiamo dicendo da quasi due anni: la schizofrenia europea nel legiferare in tema di sostenibilità e ricerca della salubrità negli alimenti sta causando più danni che benefici proprio perché manca una visione globale. Abbiamo lanciato una provocazione quando abbiamo detto che i politici che demonizzavano l’agricoltura sono gli stessi che hanno salutato con entusiasmo la barca da crociera più grande del mondo che inquina 8 volte di più di quella che c’era prima. Non si può mettere al bando i packaging dell’ortofrutta dall’oggi al domani senza una visione che guardi tutti gli anelli della filiera. Non si può dire ai vitivinicoltori che bisogna puntare al riuso più che al riciclo, senza tenere conto del livello e della qualità della differenziata che il nostro paese realizza. Non si può avere tanta leggerezza e superficialità nel decidere sul destino degli altri. Però se non l’hanno loro lo sguardo d’insieme, proviamo ad averlo noi. Sapete che a fine 2023 sono stati fissati dal Ministero dell’Agricoltura i quantitativi minimi di sementi e piantine certificati da utilizzare per ogni ettaro di superficie agricola per il quale, a partire dal prossimo anno e fino al 2027, si chiederà l’accesso al sostegno accoppiato al reddito.
L’obbligo di utilizzo di semente certificata riguarda:

  • frumento duro girasole
  • colza
  • riso
  • barbabietola da zucchero
  • soia
  • pomodoro da trasformazione
  • canapa.

Per quanto riguarda il frumento duro diventa obbligatorio l’utilizzo delle categorie pre-base, base o certificata (di prima o seconda riproduzione) appartenenti a varietà iscritte nei registri ufficiali o nel catalogo comune europeo.

Ciò significa blindare la posizione di mercato delle aziende sementiere italiane, certe di un flusso di compravendite non indifferente, stabilito per legge. Flusso che può permette ai big player di andare ad esportare sementi anche in altre nazioni del bacino del Mediterraneo nelle quali grandi aziende agricole italiane stanno già acquistano terreni da adibire alla coltivazione proprio di frumento duro. Le stesse aziende sementiere che siglano accordi per semi non destinati alla lavorazione alimentare, bensì necessari per ottenere gli oli che sono necessari alla produzione dei biocarburanti.

L’agricoltura, purtroppo, sulla scacchiera dell’economia globale altro non è che un pedone sacrificabile per arrivare alla Regina… E noi, purtroppo, parliamo ancora di contentini che si danno ai contadini!

EDITORIALE A CURA DI DONATO FANELLI

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