Nuova legge UE sul ripristino della natura: i rischi per l’agricoltura italiana
È stata approvata ieri nel Consiglio dei ministri dell’ambiente UE una proposta di legge in merito al ripristino della natura a maggioranza. L’Italia ha osteggiato questa proposta: i paletti imposti dalla legge potrebbero, di fatto, disincentivare l’agricoltura su migliaia di ettari, causando un gap nella produzione e un aumento massivo delle importazioni da paesi che non rispettano gli standard ambientali ed utilizzano prodotti che in Italia sono vietati per legge.
La proposta mira a implementare misure di recupero che copriranno almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. Tuttavia, il testo del Consiglio ha stabilito un equilibrio tra obiettivi ambiziosi per il ripristino della natura e flessibilità per gli Stati membri allo scopo di ridurre gli oneri amministrativi. Gli Stati membri saranno tenuti a mettere in atto misure di ripristino che riporteranno in buone condizioni almeno il 30% degli habitat degli ecosistemi terrestri, costieri, d’acqua dolce e marini entro il 2030. Tale obbligo sarà applicabile ad almeno il 30% dell’area totale dei tipi di habitat considerati non in buone condizioni. Ci sarà, altresì, l’obbligo di ripristinare il 30% delle torbiere drenate sotto uso agricolo entro il 2030.
L’Italia, seguita a ruota dai ministri di Olanda, Svezia, Finlandia e Polonia, ha espresso il proprio dissenso. Secondo il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, il problema del regolamento è che non garantisce un adeguato bilanciamento tra obiettivi, fattibilità e rischi. Lo ha chiarito aggiungendo e sottolineando la necessità che il testo sia applicabile, efficace e sostenibile per tutte le categorie interessate, compresa l’agricoltura e la pesca.
Anche Coldiretti e Filiera Italia hanno accolto con favore la posizione tenuta dal ministro: secondo il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini, le misure proposte nasconderebbero il rischio di arrivare a smantellare la produzione agroalimentare europea e di aumentare le importazioni da paesi terzi, con conseguenze dannose per il consumatore e per l’ambiente. L’amministratore delegato di Filiera Italia, Luigi Scordamaglia, ha, oltretutto, sottolineato l’importanza di promuovere lo sviluppo della multifunzionalità e della vendita diretta, anziché limitare le possibilità degli agricoltori o standardizzare le produzioni.
L’Italia ha quindi, spalleggiata dalle altre quattro nazioni di cui sopra, convintamente guidato il fronte contrario all’orientamento generale in merito al nuovo strumento normativo, chiedendo esplicitamente una chiara disponibilità di risorse finanziarie prima dell’entrata in vigore del regolamento. La questione resta aperta.
“Ripristinare gli ecosistemi in cattive condizioni è un obiettivo che può certamente accomunare tutti i portatori di interesse coinvolti e per il quale è necessaria un’azione coordinata, ma la commissione europea dovrebbe fare autocritica ed ascoltare i diversi dubbi posti da molti eurodeputati e diversi paesi europei su una proposta e su un approccio generale ai temi della sostenibilità che penalizzerebbe il settore agricolo, comportando un’importante riduzione del potenziale produttivo” così si chiude il comunicato Coldiretti/Filiera Italia del 20 Giugno.
La parola, adesso, dopo il rigetto della proposta in commissione agricoltura PE, all’ Europarlamento che dovrà rivotarla in Commissione ENVI e poi in plenaria.