La UE alza la riduzione dei fitosanitari all’80%

Romanazzi (AIPP): Proposta di chi ignora i processi di produzione

Secondo un comunicato di Copa-Cogeca “La proposta del relatore per la commissione Envi (ambiente, sanità e sicurezza alimentare) del Parlamento europeo in merito al Regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi mirerebbe, tra l’altro, a ridurre l’uso dei ‘prodotti fitosanitari più pericolosi’ di oltre l’80% sulla base dell’impiego nel periodo 2018-2020. Ciò porrebbe la proposta della commissione Envi ben al di sopra della proposta ‘farm to fork’ della commissione del 50% su base 2015-2017”. Ne abbiamo parlato con il prof. Gianfranco Romanazzi, Presidente dell’Associazione italiana protezione delle piante.

  • Professore quale è la sua posizione?

Il consumatore, quando va a fare la spesa, predilige prodotti ortofrutticoli senza alcuna imperfezione. Non sempre il consumatore è informato sul fatto che tali prodotti si ottengono a seguito di un ciclo colturale che dura in genere diversi mesi (“from farm to fork”, appunto), durante i quali le colture ed il prodotto sono esposti agli attacchi di patogeni e fitofagi, nonché alla competizione con erbe infestanti. Pertanto, l’agricoltore, per ottenere le qualità e quantità richieste dal consumatore, deve applicare una serie di mezzi di protezione preventivi e curativi, di natura genetica, agronomica, fisica, biologica e talvolta anche chimica, in grado di limitare lo sviluppo di avversità. Tutto ciò avviene giungendo a fine ciclo con una quantità di residui di agrofarmaci inferiore ai limiti di legge (limite massimo di residuo, o LMR), e talvolta pari a frazioni di questo, come sempre più spesso richiesto dalla grande distribuzione organizzata. Ciò è confermato da indagini indipendenti (ad es. “Pesticidi nel piatto di Legambiente”), che annualmente rinvengono sulle produzioni italiane non conformità in genere attorno all’1% dei prodotti analizzati, a fronte di valori più elevati nella media europea e ancora maggiori per quelli di provenienza extra europea. Mantenere la qualità e quantità delle produzioni con il dimezzamento degli agrofarmaci non sarà facile, come abbiamo di recente riportato in una presa di posizione dell’Associazione Italiana per la Protezione delle Piante (AIPP) sulla proposta di regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, che ha ricevuto risposta e apprezzamento dalla Commissione Europea. Dobbiamo tenere presente che i ‘prodotti fitosanitari più pericolosi’ indicati nel Regolamento sull’uso sostenibile sono le sostanze attive candidate alla sostituzione, già autorizzate in EU e che rispondono a tutti i requisiti di sicurezza previsti dalla normativa europea, che risulta fra le più cautelative per la salute e la sicurezza dell’uomo e la tutela dell’ambiente. La proposta di riduzione dell’80% dei ‘prodotti fitosanitari più pericolosi’ sembra scaturita da chi potrebbe avere una limitata conoscenza dei processi agricoli che portano alla produzione di cibo, dei quali, peraltro, beneficiamo tutti almeno tre volte al giorno. 

  • Copa e Cogeca ricordano che una valutazione del rischio delle sostanze attive utilizzate nei prodotti fitosanitari, anche per quelle più pericolose, dovrebbe essere scientificamente trasparente e fondata sulle prove disponibili. L’obiettivo proposto, invece, non si baserebbe -secondo la loro opinione – su alcuna valutazione d’impatto, né fornirebbe dettagli tecnici e scientifici sul suo approccio. Su quali evidenze scientifiche si sta basando questo processo innescato dai policy maker a livello europeo?

Per quanto di mia conoscenza, non ci sono dati a riguardo, né valutazioni di impatto sulla sostenibilità (ambientale, economica e sociale) dei diversi comparti dell’agricoltura europea se il proposto taglio dell’80% dovesse essere approvato. Prima di giungere a delle indicazioni numeriche è necessaria una accurata valutazione dello scenario colturale e ambientale, senza menzionare la sempre più frequente introduzione di organismi cosiddetti “alieni” (si pensi, giusto a titolo di esempio, a Xylella fastidiosa o a Hyalomorpha halys), tuttora particolarmente difficili da contenere con gli strumenti a disposizione. La posizione di Copa e Cogeca è ampiamente condivisibile, e non sembra che tali proposte siano basate su solide evidenze scientifiche.

  • Ci troviamo di fronte ad un atteggiamento semplicistico e riduzionistico che non tiene conto della complessità della questione? Ritiene che a Bruxelles ci sia la volontà di trattare il tema cogliendo tutte le sfumature e le prospettive?

Gli aspetti legati alle produzioni agricole hanno una complessità intrinseca non facile da comprendere per chi ne è distante, e pertanto si espongono a prese di posizione non sempre legate a questi. Inoltre, il mondo agricolo è particolarmente competente nel produrre ma non altrettanto efficace a livello di comunicazione con il grande pubblico. La presa di posizione proviene da una delle Commissioni del Parlamento Europeo. Confidiamo nel fatto che le diverse posizioni possano convergere verso un testo che aiuti il sistema agricolo a produrre in maniera sostenibile, valorizzando le produzioni europee, che sono le più salubri a livello mondiale.

  • Ci sono ancora i margini per chiedere una fase di transizione?

Credo ci siano ampi margini per raccogliere maggiori elementi, effettuare valutazioni di scenario più accurate e produrre obiettivi realistici, proporzionati e raggiungibili.

  • C’è davvero un rischio di perdita di competitività a vantaggio di Paesi che, invece, esportano in Europa senza avere vincoli e protocolli così stringenti?

I nostri agricoltori fanno già fatica ad ottenere redditi adeguati alla quantità di lavoro necessario, che include crescenti aspetti burocratici (peraltro, ne sono previsti di nuovi anche dalla bozza di Regolamento in discussione, con la tracciabilità elettronica delle applicazioni) e norme sempre più stringenti. Se a questo si aggiunge l’incremento dei costi di produzione e la presenza di alternative ai prodotti chimici che talvolta possono avere un costo più elevato, nonché la richiesta di produzioni a costi sempre più bassi, si rischia di spostare importanti aree di produzione in aree extraeuropee, dove la manodopera ed i mezzi tecnici hanno costi più limitati e le normative sono meno rigide.

  • Come consumatori non crede che verremmo esposti a un problema di salubrità di prodotti importati?

L’Europa è probabilmente la zona del mondo nella quale il cibo è più salubre. Norme che incrementano la sostenibilità delle produzioni agricole sono benvenute, ma se queste rendono estremamente difficoltosa l’attività agricola, a prezzi competitivi (l’azienda agricola non è una impresa no profit), rischiamo di avere sulle nostre tavole sempre meno produzioni locali, con incremento di spostamenti dei prodotti (alla faccia delle emissioni di gas climalteranti),  tracciabilità più complessa e qualità complessive sempre più contenute, a partire da quella organolettica, inversamente proporzionale ai lunghi viaggi ed all’estesa conservazione. Pertanto, occorre il dovuto rispetto per gli agricoltori, soprattutto per quelli a noi più prossimi, che garantiscono prodotti di qualità e in quantità. 

A cura della Redazione di FoglieTV

sfoglia la rivista

 

Potrebbe interessarti anche...