Sul grano si “scommette” e si specula. C’è una differenza tra valore e quotazione!

Stesso grano, con valori proteici superiori al 13% e peso specifico 82-83 kg/hl, quotato oggi 33 euro al quintale e due anni fa oltre i 50: morale della favola il nostro grano vale meno di quello canadese. E’ in sintesi il quadro che gli agricoltori e tutte le organizzazioni agricole tracciano da settimane. Per la serie così non si trebbia più. In un’annata che registra cali produttivi del 40% in Puglia e del 70% in alcune zone della Sicilia dove non piove da un anno, queste quotazioni sono effettivamente il colpo di grazia.

Ma io, si sa, voglio mettere il dito nella piaga. Questi prezzi indicano che il grano italiano non lo vuole nessuno, neanche l’Italia. Le cifre ufficiali dicono che il deficit tra produzione di grano duro prodotto e quello importato è ferma al 65%: nel 2022 abbiamo prodotto 3,8 milioni di tonnellate (il 12% del totale mondiale, alle spalle del Canada che ha prodotto il 15%) con la Puglia a far da padrona con il 23% del totale nazionale. Però sempre due anni fa abbiamo importato 1,9 milioni di tonnellate da Canada, Francia e Grecia in primis. Tutto ciò per esportare 2,1 milioni di tonnellate di pasta che valgono il 43% del totale, davanti alla Turchia (1,3 milioni di tonnellate). 

Giustamente Sicolo della CIA si rivolge ai consumatori italiani affinchè acquistino in modo responsabile pasta a filiera 100% italiana, perchè rimaniamo il paese con il più alto consumo di pasta pro-capite del mondo: 23 kg all’anno, davanti a Tunisia (17 kg), Venezuela (15 Kg) e Grecia (12,2 Kg).

Tuttavia all’appello accorato (e condiviso da chi scrive) delle organizzazioni agricole, deve seguire una politica agricola d’impatto. Perchè le quotazioni dei prodotti agricoli segue una dinamica tipica della borsa valori: basta una notizia a sconvolgere il mercato. “Dopo il rollover di oggi, i futures statunitensi sul FRUMENTO diminuiscono, perché i trader di materie prime seguono un andamento molto elevato del raccolto statunitense, suggerendo un aumento dell’offerta. Inoltre, due grandi produttori di grano provenienti dalla Russia (IKAR) e dall’Argentina (BAGE) hanno alzato le previsioni di produzione.” Sono veline di questo tipo ad impattare sui previsionali di quotazione, checchè se ne dica gli agricoltori sono costretti a fare i conti con meccanismi aleatori, con variabili contingenti difficilmente prevedibili dal piccolo-medio imprenditore agricolo. Solo i grandi gruppi possono essere in grado di avere in casa modelli predittivi altamente performanti sulle quotazioni. 

Quello che io mi chiedo è questo: quanto interessano i “valori” della produzione alla borsa-valori? I trader possono analizzare le dinamiche produttive, quindi possono quantificare il raccolto, ma non definire una scala dei valori in base alle proprietà del prodotto (vedi il contenuto proteico o il peso specifico). E’ la borsa merci a definire un quantum economico per ogni fascia o segmento con determinate caratteristiche. A mio avviso, quindi, il corto circuito sta lì. Certo i rally dei futures impattano sulle quotazioni giornaliere, ma a mio avviso non dovrebbero farlo più di tanto, perchè si basano su “scommesse”, su previsioni.

Editoriale a cura di Donato Fanelli