Siccità: Fame di Acqua

“Secondo il rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (AEA), è il Sud del continente a soffrire maggiormente le conseguenze della crisi climatica, in particolare la siccità. Nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, come Spagna, Italia, Grecia e Portogallo, circa il 30% della popolazione vive una condizione di stress idrico permanente. Durante i mesi estivi la situazione peggiora ulteriormente, con il 70% della popolazione europea che si trova a dover fronteggiare sempre più numerosi problemi legati alla scarsità d’acqua. La siccità purtroppo non è più una ipotesi da scongiurare con l’arrivo dei mesi più caldi ma una condizione permanente con cui conviviamo tutto l’anno. Oggi la nuova minaccia si chiama desertificazione e purtroppo il rischio che lambisca territori europei è tangibile. Condizione che ha dei risvolti non solo dal punto di vista ambientale ma anche sociale, politico ed economico.Questo fenomeno non è imputabile esclusivamente alla carenza d’acqua, ma anche alla sua qualità. Le temperature in aumento e la mancanza di precipitazioni stanno causando siccità prolungata, come abbiamo potuto constatare nel corso degli ultimi anni con un impatto drammatico soprattutto nell’Italia meridionale, nel sud della Spagna e a Malta. Negli ultimi 50 anni, la disponibilità pro capite di risorse idriche è diminuita del 24%, con gravi implicazioni per la sicurezza idrica delle popolazioni. I bacini idrici dell’Europa meridionale perdono ogni anno fino al 25% dell’acqua a causa dell’evaporazione. Secondo gli ultimi dati, il 38% della popola- zione Ue ha avuto carenze idriche negli ultimi cinque anni. l’Italia e tra i Paesi più colpiti, secondo l’Osservatorio nazionale Città-Clima, il paese ha subito 351 casi di clima estremo nel 2024, con un aumento del 485% rispetto al 2015

Oggi in Europa il 20% del territorio è già sotto stress idrico e il 30% della popolazione è esposto a rischio ogni anno, cifre che probabilmente aumenteranno in futuro a causa dei cambiamenti climatici.”

Antonio Decaro

Presidente Commissione Ambiente Ue

“E’ necessaria una riconversione del sistema produttivo agricolo. Non possiamo continuare a garantire acqua a coltivazioni intensive di pomodoro o di altri prodotti orticoli o di frutta come le percoche.”

Donato Pentassuglia

Assessore alle Politiche Agroalimentari Regione Puglia

L’ultimo monitoraggio delle dighe della Capitanata parla di un crollo dei volumi delle acque invasate pari al 57%: gli invasi da dicembre a marzo, hanno raccolto 80 milioni di metri cubi di acqua contro i 190 dell’anno precedente.

L’alert riguarda, quindi, un gap da 100 milioni di metri cubi di acqua, rispetto alla stagione scorsa che già vide una incapacità di irrigare a dovere le colture: è, dunque, facile da capire ciò che ci aspetta.

La Puglia è la regione dove piove meno con 640 millimetri annui medi ed ha il primato negativo della disponibilità media annua di risorsa pro capite con soli 1000 metri cubi, meno della metà della disponibilità annua pro capite media nazionale di 2330 metri cubi.

Tuttavia voglio riportare l’attenzione su quanto affermato da Decaro e Pentassuglia, in questo momento i politici più attivi nel porre al centro dell’agenda dei rispettivi governi la questione acqua.

E forse Pentassuglia, nel suo pragmatismo, è il più diretto ed anche efficace nel far passare il concetto: bisogna iniziare ad entrare nell’ottica di una riconversione del sistema produttivo agricolo non solo pugliese, bensì meridionale.

L’assessore all’agricoltura della Regione Puglia lo dice chiaramente che non si può continuare a garantire acqua a coltivazioni intensive che si tratti di pomodori o percoche non c’è differenza.

Proprio per la filiera del pomodoro in Capitanata si prospetta un’altra campagna da record negativi: si stima un calo della produzione del 30% rispetto allo scorso anno, il che è tutto dire. E ci deve interrogare in maniera sera anche sulla gestione idrica per gli impianti superintensivi di olivo, al centro del piano di rigenerazione in Salento, una terra afflitta anche da un importante fenomeno di salinizzazione delle falde acquifere, dove c’è quindi già un problema della qualità dell’acqua.

Ritengo non più procrastinabile una discussione sul problema acqua che tenga conto della sua complessità sistemica, occorre un centro di analisi in grado di acquisire, interpretare e “processualizzare” una mole di dati e variabili di diversa natura, capace poi di restituire un output di analisi sul quale poggiare una strategia operativa a breve e medio termine.

Vedo ancora troppo scollamento tra le parti coinvolte: da una parte abbiamo la politica e gli esperti della risorsa acqua con gli enti coinvolti alla gestione del bene, dall’altra gli imprenditori agricoli che forse non sono ancora entrati nell’ottica di un cambiamento radicale del sistema produttivo.

Ci sono investimenti da fare e ci sono tecnologie da implementare nel nostro sistema produttivo, ma ciò che manca è la consapevolezza che nel prossimo quinquennio ci giochiamo il futuro della nostra agricoltura.

Editoriale a cura di Donato Fanelli