Seconda giornata boom per Macfrut

Padiglioni del Rimini Expo Centre presi d’assalto sin dalle prime ore del mattino di giovedì e numerosi focus sui temi centrali del settore. Oggi venerdì 5 maggio, ultimo giorno di fiera

Giovedì 4 maggio all’insegna del tutto esaurito. Padiglioni del Rimini Expo Centre già affollati sin dalle prime ore del mattino per una partecipazione complessiva di fiera che si preannuncia come la migliore dei suoi 40 anni di storia. Tanti gli eventi ospitati nel corso della giornata tra iniziative dirette degli espositori e focus nei Saloni tematici che contraddistinguono la kermesse dell’ortofrutta. Domani, venerdì 5 maggio, ultimo giorno della kermesse.

La sostenibilità della produzione delle piante officinali
Rispondere a una domanda di mercato in forte crescita con produzioni sostenibili e filiere capaci di garantire una qualità certa per i consumatori e salvaguardare l’ecosistema. È la grande sfida del settore affrontata nel convegno “La sostenibilità della produzione delle piante officinali”, nell’ambito di “Spices&Herbs Global Expo”, il primo salone in Europa dedicato alla filiera delle spezie, piante aromatiche, che ha messo a confronto esperti del settore.
Il mercato delle erbe officinali, come ha sottolineato in apertura il moderatore del convegno Demetrio Benelli, Direttore “Erboristeria Domani”, è sempre stato globale: nel corso della storia le piante hanno attraversato i continenti, ma le realtà di produzione dei diversi Paesi variano sotto numerosi profili.
“Sono diversi i suoli, i livelli di meccanizzazione per la raccolta e quelli di stoccaggio con ripercussioni differenti sui luoghi e le comunità che lavorano”, è entrata nel dettaglio Ann Armbrecht, Direttrice di Sustainable Herbs Program, che ha illustrato un toolkit sulle best practice di sostenibilità per l’industria botanica.
A porre l’attenzione sulla diminuzione dei raccoglitori di erbe officinali a livello globale, e sulla conseguente necessità di salvare un patrimonio di cultura e paesaggi unico, è stata Emily King, Business Engagement Officer della FairWild Foundation, che ha presentato la certificazione universale basata sui principi del commercio equosolidale e della sostenibilità ecologica messa a punto dalla sua Fondazione per invertire la rotta.
A fare il punto sulla situazione italiana è stato Alfredo Battistini, tecnologo del Crea – Politiche e Bioeconomia del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, che ha approfondito i contenuti del Testo unico sulle piante officinali approvato nel 2018, unica normativa a livello europeo che regola la coltivazione, la raccolta, la prima trasformazione delle piante officinali (1649 specie di piante aromatiche, medicinali e di profumo, 32 specie di funghi macroscopici, 31 specie di alghe e 14 specie di licheni) riconoscendone a tutti gli effetti la natura di filiera agricola. Tra i prossimi passi da compiere spiccano la creazione di Centri di Riferimento tecnico (CRT) del settore per diffondere le competenze alla base del comparto produttivo e il sostegno ai coltivatori per lo sviluppo di produzioni di qualità. A illustrare in quest’ultima direzione i possibili percorsi di “domesticazione” per le erbe officinali è stato Pietro Fusani, ricercatore CREA, Foreste e Legno, di Trento.
A insistere sulla necessità di mettere al centro l’esperienza del consumatore in termini di quantità, qualità, efficacia e sicurezza delle erbe officinali, sottolineando come queste rappresentino la risorsa principale per la propria salute per l’80% della popolazione mondiale (dati OMS), è stato in chiusura del convegno Ákos Máthé, Professore Emerito di Botanica della Széchenyi István University di Budapest, che ha ricordato quanto già riconosciuto nel convegno internazionale sulla conservazione delle erbe officinali di Chiang Mai nel lontano 1988: “salvare le erbe è necessario per salvare la vita”.

IV Gamma: quali strategie per il futuro
Accerchiata da una serie di prodotti concorrenti ad alto contenuto di servizio, sempre collocati nel reparto dei freschi, la IV gamma (per il 70% insalate in busta) è divenuta una commodity del convenience food e sta soccombendo sotto i colpi di una deflazione impietosa. Questo vale per tutte le referenze eccetto che per i funghi che crescono a volume e valore (rispettivamente +4,5% e +8,9%) e gli spinaci con -2,98% a volume e un +2,2% a valore.
È quanto è emerso nel corso dell’incontro ‘IV Gamma: quali strategie per il futuro’ tenutosi questo ‘pomeriggio a Macfrut e organizzato dall’Informatore Agrario.
Nel reparto del ready to eat fresco, composto da 135 referenze medie per punto di vendita, il 31% dell’assortimento è rappresentato dalle insalate in busta, il 32% dai piatti pronti, il 12% dagli ortaggi cotti, l’11% dalla prima gamma evoluta, l’8% da ortaggi di IV gamma e il 6% dalle insalate arricchite.
“Negli ultimi quattro anni – ha detto Vincenzo Lenucci, responsabile dello sviluppo economico di Confagricoltura – le insalate di IV gamma hanno perso circa 30 centesimi al chilo, quando invece servirebbe un apprezzamento da parte dei clienti, di almeno l’11%”. Questo comporta che, attualmente, almeno il 20% dei produttori sta lavorando sottocosto con un rapporto fatturato/costo dell’85,8%.
“Il fatto che la marca del distributore detenga il 62% della quota di mercato – ha spiegato Claudio Scalise, managing partner di SGMarketing -, implica che essa ne determina le politiche di mercato”.
Il lato positivo è che ormai può considerarsi sdoganato il tabù del prodotto industriale da guardare con diffidenza con cui la categoria è stata accolta all’inizio. Ma oggi siamo al paradosso che un prodotto di prima gamma costi quasi il doppio in più di quello di IV: 2,29 euro al chilo contro 1,56 euro.
“Per uscire da questa crisi – ha precisato Scalise – il comparto deve riflettere sui driver di acquisto principali che sono: specialità, territorialità e plant based che pure va inserito in questa categoria. Forse sono maturi i tempi per un grande progetto di valorizzazione in comune tra i diversi attori coinvolti”.
Al termine dell’incontro si è tenuta una tavola rotonda con i principali player del mondo produttivo.

Promuovere le varietà in frutticoltura, tra attese messianiche e pirateria: un approccio realistico
Fare sistema a livello nazionale in tutti gli ambiti della filiera, dai produttori agli enti di certificazione, arrivando al sistema dei costitutori e fino alla parte finale più vicina al mondo del consumatore, quindi la distribuzione, per continuare in modo efficace ed efficiente nella lotta alla pirateria varietale. Questo è quanto emerso nell’incontro “Promuovere la varietà in frutticoltura, tra attese messianiche e pirateria: un approccio realistico” tenutosi il 4 maggio all’interno di Macfrut nell’ambito del Salone del Vivaismo e dell’innovazione Varietale. A dirlo sono stati diversi protagonisti della filiera agroalimentare e di certificazione che, intervenuti nel confronto, hanno evidenziato l’importanza della difesa dei diritti di moltiplicazione e la protezione legale della proprietà intellettuale legata al materiale genetico ai fini del miglioramento varietale.
Tutti hanno evidenziato in primis come “una normativa europea c’è e soprattutto a livello nazionale abbiamo forse una delle più moderne al mondo anche se purtroppo questo non basta”. Una presa di coscienza che attraverso i rappresentati di filiera si è comunque voluta analizzare per fare il punto della situazione. Ne è scaturito così “un incontro molto delucidativo sullo stato dell’arte – conferma il professor Daniele Bassi dell’Università di Milano che ne ha moderato lo sviluppo -, in quanto ha messo in chiaro come oggi sia quantomai necessario un cambio di paradigma nella lotta alla pirateria varietale. Precisamente – spiega – si deve passare da un atteggiamento meramente sanzionatorio e repressivo a uno più incentrato sulla moral suasion verso i produttori. Pagare le royalty – aggiunge – non deve essere visto come una tassa o un freno, ma un servizio che viene dato al produttore per poter disporre di varietà più produttive, resistenti e qualitative. Servirà ancora del tempo ma la strada – conclude – deve essere questa per ottenere risultati condivisi e di lungo respiro”.
Tra i partecipanti al confronto c’è chi su questo tema ha spinto molto. Per Stefano Barbieri di Sicasov “credo che la creazione di un gruppo di lavoro nazionale con tutti gli operatori sia una delle necessità più emergenti e urgenti da fare, per trovare risposte comuni e condivise”. A livello unanime, infatti, si è riconosciuto come “l’innovazione varietale ha dei costi che devono essere equilibrati. Si fa pirateria, non a caso, su materiale che ha successo commerciale non certo su prodotti scadenti”.
Ma il gioco di squadra è il vero punto forte della riflessione. Anche Maurizio Ventura di Sun World proprio sulla necessità di “lavorare insieme per promuovere una cultura la più ampia diffusa e convergente sul tema della legalità”, ha spinto molto.
In tema di tempi e urgenze Walter Guerra di Csaf Laimburg, mette in evidenza come sia “importante avere e ottenere informazioni certe e riscontrabili nella valutazione del materiale genetico e quindi della varietà. Per questo – ha aggiunto – è molto importante che le valutazioni arrivino in modo indipendente”.
Questo anche per una tutela dal punto di vista fitosanitario e di salubrità generale. “Analisi approfondite, certificazioni e processi condivisi per la mappatura del dna per il controllo sanitario è fondamentale nella strategia della moltiplicazione a fini commerciali ma questo ha un costo e dei tempi di rispetto che sono normati”.
Infine Walter Pardatscher di Vog ha messo in evidenza come “nelle strategie del futuro, magari anche per porre un freno all’illegalità in campo, una delle scommesse da vincere è quella di abbassare i prezzi di produzione a monte, dando maggiore marginalità ai coltivatori”. Di fatto l’incontro a Macfrut ha messo in primo piano come il cambio di strategia, la nuova comunione d’intenti e la realizzazione di azioni condivise possono diventare exit strategy per riuscire a ridurre “un danno economico che solo per l’ambito fruttifero – spiega l’avvocato Vincenzo Acquafredda di Trevisan & Cuonzo – si può definire attorno ai 20 milioni di euro ma che si triplica se ragioniamo per tutti gli ambiti agroalimentari attraversati dal fenomeno della pirateria varietale”.

Press Office Italia Macfrut