Quanto suolo ha già utilizzato il fotovoltaico in Italia e quanto ne dovrà ancora consumare?

Nuovi dati sulla questione arrivano dal nuovo rapporto Ispra 2022 su consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici
Relativamente all’occupazione di suolo dovuto all’installazione di fotovoltaico a terra si evidenzia un numero basso di installazioni nel 2021, circa 70 ha occupati, ma che ad oggi gli impianti di fotovoltaico a terra occupano oltre i 17.500 ha di terreno, per una potenza totale superiore a 9 GW, in particolare in Puglia (6.123 ettari, con circa il 35% di tutti gli impianti nazionali), Emilia-Romagna (1.872) e Lazio (1.483).
Si prevede un aumento nei prossimi anni di circa 50 mila ha, ovvero otto volte il consumo medio annuale. A tal proposito abbiamo intervistato il dottor Maurizio Galiano, Amministratore di Dyrecta Lab, per approfondire meglio le informazioni.
Quali sono gli scenari futuri?
La necessità di energia pulita ci costringerà a realizzare rapidamente nuovi impianti di produzione. Il rischio della qualità dei contratti commerciali internazionali per gas e petrolio, oltre al livello di CO2 che sta aumentando causando ingenti danni e cambiamenti all’economia globale, ci costringono ad un cambiamento rapido di rotta.
Quale è la differenza tra impianti a terra e impianti su tetti e copertura? Su quali caratteristiche va ad impattare?
Per gli impianti di energie rinnovabili da fotovoltaico non ci sono alcune differenze in merito alla produttività. Sicuramente l’impatto è di tipo paesaggistico e, qualora installati a terra in ambito agricolo, modificherebbero l’ecosistema. Fortunatamente la nostra nazione, per le installazioni di fotovoltaico in campo aperto, ha deciso di seguire un nuovo modello di installazione: l’agrivoltaico.
Questo modello di installazione su terreni agricoli, già disciplinato da delle linee guida del MITE, permette di coniugare l’esigenza di rispetto dell’ambiente e del territorio con quella di raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione. Il problema che si è cercato di risolvere è quello della realizzazione di impianti fotovoltaici che consentano di preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito di installazione, garantendo, al contempo, una buona produzione energetica da fonti rinnovabili.
In tema di politiche energetiche qual è la priorità, tutelare il suolo o potenziare la capacità di generare energia da fonti rinnovabili? Non ritiene che ci troviamo di fronte ad un paradosso: per conseguire gli obiettivi della transizione energetica, violiamo i principi della transizione green che punta al risparmio idrico, di suolo e di tutte le risorse naturali?
Le priorità non possono che equipararsi, dovendo preservare entrambe le necessità. Gli investimenti da parte delle imprese agricole dedicati alla produzione di energie rinnovabili, se opportunamente dimensionati, si traducono in un abbattimento dei costi operativi in grado di innalzare la redditività agricola e migliorare la competitività. L’autoconsumo dell’energia prodotta tramite l’impianto agrivoltaico si configura pertanto come uno strumento di efficienza aziendale. Non va tralasciato e dimenticato che il prossimo ed immediato passo sarà quello di ridurre i consumi energetici ed idrici oltre che di spingere verso politiche per il riciclo e l’autoconsumo come previsto dalla transizione green.
Quali consigli dà a una impresa agricola che voglia sfruttare le coperture di edifici rurali?
Il consiglio è innanzitutto quello di rendersi consapevoli dei fabbisogni energetici aziendali, effettuando un calcolo preciso dei consumi. Poi, con l’ausilio di tecnici (agronomi e ingegneri), di realizzare un piano di investimento per la realizzazione di interventi per la riduzione di consumi e per la produzione di energia elettrica e termica per l’autoconsumo.
Oggi bisogna pensare che la priorità non è più vendere l’energia per ricavare denaro, ma risparmiare e autoprodurre. Queste ultime due azioni, se correttamente dimensionate, valgono molto più del vecchio modo di considerare l’energia.
La Puglia è una regione virtuosa come può migliorarsi?
Sicuramente le regioni del sud Italia, tra le quali la Puglia, hanno il vantaggio di avere una maggiore produttività per gli impianti fotovoltaici.
In realtà ogni regione dovrebbe installare impianti che generano maggiore produzione in base alla materia prima “pulita” disponibile. In Puglia dovremmo tenere in considerazione la grande estensione delle coste e quindi la possibilità di installare impianti di produzione da energia marina, ma anche quelli eolici in tutte le zone in cui l’energia del vento permette di avere alta produttività.
I progetti di agrivoltaico in Puglia, per una buona riuscita, devono prevedere l’ottimizzazione contemporanea dell’ambito agricolo e di quello energetico.
Considerando che le “colture molto adatte”, ovvero colture per le quali l’ombreggiatura ha effetti positivi sulle rese quantitative (es. patata, luppolo, spinaci, insalata, fave), sono molto diffuse in Puglia possiamo dire che con una buona formazione e diffusione delle informazioni, oltre che con l’emanazione di agevolazioni per gli investimenti, potrebbe generare un immediato circolo virtuoso che ha già visto questa regione essere un avamposto nella qualità degli investimenti nei settori produttivi tra le regioni del Sud.
Come valuta invece i progetti che sono in fase autorizzativa su impianti eolici off-shore?
Certamente li reputo produttivi, ma il costo/beneficio della realizzazione di impianti in pieno mare non credo sia così elevato. Si potrebbe evitare di impattare nel territorio marino, peraltro con difficoltà anche di manutenzione, considerando che già il fotovoltaico e l’eolico classico potrebbero soddisfare le esigenze di conversione energetica.
A cura della redazione Foglie Tv