Produrre sempre più…ma per chi?
Vi ricordate l’abaco con le sue file e i suoi anelli? Proviamo, per un attimo, a “giocare” con i numeri, mettendo in fila un po’ di statistiche che riguardano i principali due paesi che vivono (ancora per quanto?) di agricoltura: Spagna e Italia.
In Spagna negli ultimi 5 anni c’è stato un calo nei consumi di ortofrutta pari al 15%: nel 2023 il consumo pro capite è stato pari a 78,5 kg di frutta e 48,9 kg di verdura. In Italia? Il consumo continua a diminuire, così come il dato pro capite che nonostante abbia perso 37 kg di ortofrutta in 4 anni è sensibilmente più alto rispetto a quello spagnolo (107 kg di frutta e 96 di ortaggi): in 4 anni sono state acquistate 1 milione di tonnellate in meno passando dal picco di 6,2 mln nel 2019 ai 5,1 mln del 2023.
I consumi sono in calo, così come anche il numero dei consumatori: oltre 10 anni fa la percentuale degli italiani che consumavano quotidianamente frutta, verdura ed ortaggi era pari all’85,1% mentre nel 2023 solo il 78,5%; 4 anni fa c’erano 47 milioni di consumatori quotidiani contro i 45 mln del 2023.
Interessante il trend dei consumi quotidiani legato alle fasce di età: l’entità del calo varia da generazione a generazione passando dai quasi 3 punti percentuali in meno tra i bambini 3/5 anni ( dal 78% al 75%) ad oltre 12 punti in meno tra i 15/17 (dal 78% al 66%). Un dato che fa da contraltare alla percentuale di bambini obesi nel nostro paese. Nel panorama europeo, l’Italia ancora una volta, purtroppo, è tra i primi posti per incidenza di quella che è ormai ampiamente riconosciuta come una patologia. Secondo l’ultimo Report infatti, l’Italia presenta la percentuale più elevata (pari al 42%) di bimbi in sovrappeso od obesi nella fascia di età 5-9 anni, mentre si colloca al 4° posto nella classe di età 10-19 anni, con il 34,2% dei giovani affetti. In Spagna va ancora peggio: ha uno dei più alti tassi di obesità infantile in Europa, superata solo da Cipro, con quasi il 20% dei suoi bambini di età compresa tra i sette e gli otto anni clinicamente obesi. Questo è notevolmente superiore alla media europea di circa il 12.5%, un dato tanto preoccupante da allertare Save the Children che ha chiesto misure drastiche al Governo iberico per contrastare la scomparsa della Dieta Mediterranea.
Però…però. I dati dei vari ministeri dell’Agricoltura e dello Sviluppo Economico delle due “potenze” agricole sciorinano sempre i soliti dati del valore aggiunto, del valore aggregato, del surplus, e via discorrendo. Analisi economiche, per carità, indispensabili per gli operatori del settore, ma che sviano l’opinione pubblica perché, fondamentalmente, si gioca sull’assunto: va tutto bene finchè si guadagna…e se se magna. Già! Ma cosa “se magna?”. In Spagna vuoi per l’adattamento alle nuove tendenze alimentari o per il cambiamento degli stessi modelli di consumo, i pasti pronti registrano da due decenni una crescita sfrenata, con un aumento del 514,8% dal 2004, che si traduce in quasi 14 chili in più di consumo pro capite. In Italia in 4 anni l’incremento è stato pari al +34,3% fra il 2019 e il 2023, quando hanno raggiunto le 66.637 tonnellate.
Quindi io una domanda me la pongo se Spagna e Italia hanno raggiunto i 70 miliardi di export (tra i due ballano poche migliaia di milioni) per chi producono? Di certo non focalizzano strategie, investimenti e capitali sul mercato interno, bensì su quello comunitario e sui grandi mercati mondiali, in primis America e Cina. Fino a che la domanda “esterna” sopperirà al calo di quella interna, la bilancia sarà in positivo. Quando poi i consumi inizieranno a calare a livello mondiale e/o la concorrenza si arricchirà di ulteriori competitor il modello di business inizierà la fase di discesa. Fino ad allora vendiamoci questo Made in Italy tanto anche l’olio spagnolo ha superato per la prima volta il prezzo di quello italiano sul mercato americano e su l’ortofrutta tra cui l’uva (seedless in primis) sta già avvenendo la stessa cosa… ma,di questo ne parleremo a fine campagna!