Pratiche sleali, le uniche denunce provengono dal settore ortofrutticolo

Centoquarantadue verifiche tra ispezioni e controlli interni su 76 operatori hanno portato a 15 contestazioni amministrative: poco più del 10%.

E’ il primo bilancio annuale dell’ICQRF nell’ambito delle attività di accertamento delle violazioni in materia di pratiche sleali, legge varata nel 2021 in attuazione della direttiva UE 633 del 2019.

Le pratiche commerciali sleali sono pratiche commerciali vietate in quanto contrarie ai principi di buona fede e correttezza ed imposte unilateralmente da un contraente alla sua controparte. Nel 2011 le 5 più grandi aziende di vendita al dettaglio del settore alimentare avevano una quota del 60% in 13 Stati su 25 aderenti fino ad allora in UE (oggi sono saliti a 27).

Le contestazioni dell’ICQRF sono così ripartite: 6 nel comparto oli e grassi, 4 nel lattiero caseario, 3 nella carne e 2 nell’ortofrutta. Ad oggi, quindi, il bilancio è in chiaro scuro. Qualcosa si è iniziato a muovere, ma gli addetti ai lavori ritengono che l’impatto delle pratiche sleali “costi” alla filiera agroalimentare più di 500 milioni di euro. E’ palese che qualche decina di contestazioni rappresenta una goccia nel mare. Ma è chiaro anche che la battaglia è tutta culturale: senza denunce la situazione di squilibrio nel potere contrattuale tra filiera produttiva e quella distributiva sarà sempre a vantaggio di quest’ultima.

Tuttavia le uniche denunce sono state avanzate da operatori del settore ortofrutticolo. Nel report si legge: “Per quanto riguarda l’attività svolta su specifica denuncia ai sensi dell’art. 8 del decreto n.198/21, è pervenuto, nel 2022, un numero molto limitato di denunce (n. 3), tutte rivolte ad acquirenti del settore ortofrutta, che sono state prese in carico dall’ICQRF e in due casi sono in corso di istruttoria e accertamento, nel rispetto delle tempistiche previste dalla normativa”.

In un caso la segnalazione di pratiche sleali è relativa ai termini di pagamento. Un fornitore lamentava il mancato pagamento a fronte di alcune forniture di frutta. Da un primo approfondimento gli ispettori hanno verificato che in effetti la maggior parte delle fatture non risultavano essere state pagate secondo quanto concordato nel contratto e comunque nel rispetto dei termini previsti. Oltretutto, successivamente al termine di pagamento scaturito dall’invio delle rispettive fatture elettroniche, la ditta acquirente ha interrotto qualunque forma di dialogo con la ditta fornitrice.

Tra le contestazioni, però, non si è riscontrato nessun tipo di vendita sottocosto, anche se nelle conclusioni del report c’è scritto: “Nel settore dell’ortofrutta dall’analisi degli accordi quadro in essere tra fornitori e acquirenti è emerso, in molteplici casi, che una scontistica è applicata periodicamente dagli acquirenti sul fatturato e va ad erodere la marginalità dei fornitori. Anche in questo caso si ritiene necessario in futuro un approfondimento riguardo il prezzo di vendita al netto di tale scontistica e la valutazione di quali siano le condizioni di mercato o eventuali sbocchi alternativi per i fornitori”.

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