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Plastic Tax, nuovo rinvio: per Greenpeace “un favore alle lobby fossili”

La legge di Bilancio rinvia di nuovo la plastic tax: è il terzo anno di fila, ma l’Italia deve pagare l’imposta europea

“Sul rinvio della Plastic tax, il governo Meloni opera in perfetta continuità col governo Draghi. Lo abbiamo già affermato in passato e lo ribadiamo: si tratta dell’ennesimo favore concesso alle lobby fossili e all’industria della plastica monouso, a scapito di persone e Pianeta”. Così Greenpeace Italia su Twitter commenta il provvedimento annunciato dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, durante la conferenza stampa che si è svolta dopo l’approvazione della manovra finanziaria”.

Istituita con la legge di Bilancio 2020 ed entrata (solo) formalmente in vigore nel gennaio di due anni fa, la plastics tax italiana impone ai manufatti in plastica di singolo impiego (Macsi) un’imposta di 450 euro a tonnellata. Sono escluse dalla tassazione le plastiche compostabili secondo la UNI EN 13432 e quelle ottenute da riciclo, anche per quota parte, oltre che tutti i dispositivi medici e gli imballaggi farmaceutici. La norma, di fatto, non è mai stata applicata. Quest’ultimo è il quarto rinvio: il primo era avvenuto il 1° luglio 2021, il secondo il 1° gennaio 2022, il terzo a gennaio 2023. 

Differente la posizione di Coldiretti: “La plastic e la sugar tax sono destinate ad avere un effetto a valanga sui prezzi finali degli alimenti proprio mentre l’Italia si trova ad affrontare una preoccupante fiammata dell’inflazione anche sulla spesa alimentare. Per evitare di penalizzare l’intera filiera agroalimentare che si trova già sotto pressione per l’aumento dei costi. L’obiettivo di riduzione della plastica va perseguito nell’ottica di una visione strategica di ampio respiro con incentivi premianti per lo sviluppo e la ricerca piuttosto che con misure punitive soprattutto perché per alcune categorie di prodotto non ci sono al momento alternative”.

La posizione delle organizzazioni di categoria è unica: vanno abolite le tasse sulla plastica e sullo zucchero. Nei mesi scorsi il coordinamento di Agrinsieme si era espressa anche sulla seconda tassa: “Seppur in maniera indiretta – prosegue il Coordinamento – in particolare, l’imposta sulle bevande zuccherate finirebbe col punire anche il mondo agricolo dando il colpo di grazia al comparto saccarifero, già penalizzato dalla liberalizzazione delle quote, che ha contribuito alla decimazione delle imprese del settore”.

Per questo Agrinsieme tornava a sottolineare la necessità che tale misura venga abrogata: la sua introduzione comporterebbe dal 2023 un incremento della fiscalità del 28% e una penalizzazione dei consumi con ripercussioni negative su ogni anello della filiera e su un settore già fortemente indebolito dalla pandemia, che dimostra gli effetti devastanti, economici e sociali dell’introduzione di un’imposta del valore di 10 euro/ettolitro in un momento già così incerto.

“Come dimostra anche un recente studio Nomisma – sottolineava Agrinsieme – anziché facilitare crescita e occupazione, con l’eventuale introduzione della Sugar Tax si avrebbe una contrazione del 16% del mercato a volume, -180 milioni di euro di fatturato rispetto al 2019 e -344 milioni di euro, se si considera la perdita di giro d’affari nel 2023 rispetto al 2019”.

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