Pericoltura Italia: Nuove varietà per rilanciare il settore

Con una produzione nazionale quest’anno di circa 200.000 tonnellate, il settore delle pere ha urgente bisogno di una articolata politica di rilancio. Il calo produttivo del 2021, causato essenzialmente dalla gelata della scorsa primavera, si inserisce in un quadro di lento declino del comparto, che da almeno 10-15 anni registra una costante riduzione del raccolto e degli ettari coltivati.

La ricerca è un asset fondamentale per dare al mondo della produzione soluzioni e risposte adeguate a fronteggiare i problemi connessi ai cambiamenti climatici, ai nuovi patogeni e per offrire varietà in grado di migliorare la qualità del prodotto e riuscire a dare soddisfazione al consumatore.

Su questa strada si è mossa l’Università di Bologna che, in collaborazione con il Consorzio italiano vivaisti (Civ), a Futurpera, la fiera specialistica dedicata alla filiera pericola che si tiene a Ferrara, ha proposto nove varietà innovative di pero, tre a buccia verde e sei a buccia rossa.

Dopo le tre varietà a buccia verde e una a buccia rossa già protagoniste a Futurpera 2019, quest’anno sono state presentate altre cinque selezioni a buccia rossa.

I principali obiettivi della pluridecennale ricerca che vede impegnati l’Università di Bologna e il Civ sono stati l’ampliamento del calendario di raccolta nel periodo precoce e tardivo, l’elevata qualità dei frutti, la selezione di pere a buccia rossa di interesse per il mercato e lo sviluppo di nuove varietà con maggiore resistenza e tolleranza alle principali avversità del pero (maculatura e colpo di fuoco). Buona produttività, eccellente sapore, da dolce a dolce-acidulo, elevate qualità organolettiche e buona conservabilità sono le principali caratteristiche che contraddistinguono le nuove varietà di pero dell’Alma Mater.

Oltre alle nuove varietà si prova anche a salvare e rilanciare la produttività dell’Abate Fetel, varietà di pera tra le più diffuse in Italia, come sta facendo Geoplant Vivai che torna a scommettere sui portainnesti franchi.

Secondo il consuntivo diffuso da OI Pera, la produzione della celebre varietà italiana, coltivata negli ultimi 30 anni quasi esclusivamente su cotogni, ha toccato i minimi storici nel 2021 confermando l’andamento disastroso e drammatico degli ultimi anni. In Emilia-Romagna le nuove stime pongono la produzione di Abate Fetel poco oltre le 40.000 t., -78% rispetto al già deficitario 2020 e -83% se il confronto viene fatto rispetto all’ultima annata definita “normale” che è quella del 2018.

Clima pazzo e attacchi di patogeni fanno crollare, negli ultimi cinque anni, la produzione di pere italiane (-48%) a 400 milioni di kg a fronte degli oltre 770 milioni di kg prodotti nel 2017, mentre le superfici destinate alla coltivazione diminuiscono del 15%.

Sono questi i dati più significativi del report sulla pericoltura italiana di CAI – Consorzi Agrari d’Italia, elaborato dal Centro Studi Divulga, presentato a FuturPera, la fiera più importante del settore in programma a Ferrara fino a sabato 4 dicembre.

L’Emilia-Romagna, regione particolarmente colpita negli ultimi anni da gelate tardive e problemi fitosanitari, da sola produce il 66% delle pere italiane, seguita da Veneto (11,5%) e Sicilia (6,7%).

Gli incrementi sui prezzi al consumo delle varietà più coltivate, come Kaiser (+36%), Abate Fetel (+31%) e Decana del Comizio (+22%), secondo l’analisi di CAI, non compensano in alcun modo il drastico calo della produzione che si è abbattuto sui bilanci delle aziende agricole.

Ad aggravare il quadro della situazione, nel quinquennio analizzato, la crescita del volume delle importazioni (+5,4%), attestatesi intorno ai 90 milioni di kg, e del valore delle stesse (+25,4%): i principali bacini di approvvigionamento sono Argentina (28% sul totale), Spagna (24%) e Cile (16%).

Nello stesso periodo, invece, le esportazioni di pere italiane, rivolte al 90% in Europa (Germania, Francia, Austria) diminuiscono del 39% in volume e del 30% in valore.

Dopo il forte calo tra il 2017 e il 2018, invece, nel 2020 aumenta il consumo pro capite di pere da parte degli italiani (+39%), frutto che rappresenta il 7% del valore della spesa media relativa al comparto frutticolo, nonostante rientri tra i prodotti maggiormente interessati dai rincari.

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