PAC Il problema è l’hobbista …o il lobbista?

Quando i soldi ai veri agricoltori?
Il Commissario europeo per l’Agricoltura, Christophe Hansen, ha recentemente sottolineato l’importanza di ridefinire il concetto di “agricoltore attivo” nell’ambito della Politica Agricola Comune (PAC).
Le dichiarazioni di Hansen evidenziano un impegno verso una riforma della PAC che privilegi gli agricoltori attivi, promuova il ricambio generazionale e assicuri un sostegno equo ed efficace al settore agricolo europeo. Questi sono i 3 pilastri che per Hansen devono connotare la nuova PAC: l’obiettivo è garantire che i fondi vengano destinati a chi effettivamente lavora la terra, evitando che grandi imprese agroalimentari ne beneficino indebitamente.
Hansen ha affermato: “Non voglio nemmeno chiamarli agricoltori”, enfatizzando la necessità di supportare chi affronta quotidianamente le sfide del settore agricolo. Inoltre, durante una conferenza organizzata dall’ECVC a Bruxelles, Hansen ha ribadito che i fon- di della PAC dovrebbero sostenere principalmente piccoli agricoltori, aziende familiari e giovani che desiderano intraprendere la carriera agricola. Ha enfatizzato la necessità di evitare che i sussidi finiscano nelle mani di grandi consorzi agroalimentari, sottolineando l’importanza di indirizzare il sostegno verso chi contribuisce attivamente alla produzione agricola.
Hansen ha anche riconosciuto che il sostegno della PAC è essenziale per aiutare gli agricoltori, compensarli per i servizi ecosistemici e supportarli negli investimenti necessari per affrontare le sfide future. Ha sottolineato l’importanza di garantire che il mercato remuneri adeguatamente gli agricoltori e di proteggere le terre agricole, mirando a una maggiore equità e redditività nel settore. Una storia che sentiamo da quasi un decennio: già nel 2019 su richiesta della commissione per il Con- trollo dei bilanci, i tecnici del Parlamento europeo avevano ripetutamente evocato in uno studio il problema della concentrazione dei fondi Ue a favore dei grandi gruppi e l’assegnazione di tante risorse ai “latifondisti”, prevalendo il criterio degli ettari di terra coltivata.
Nonostante le promesse della Commissione di distribuire i fondi della nuova Pac in maniera più corretta e omogenea, con attenzione maggiore ai giovani e alle zone rurali isolate, la fetta più grande della torta dei sussidi spetta ancora a pochi soggetti. La responsabilità non va attribuita solo a Bruxelles, poichè le decisioni finali sul Piano strategico nazionale e sugli eco-schemi, cioè a chi di fatto debba ricevere i soldi, spettavano comunque ai governi degli Stati membri. Io invece provo ad elaborare un contro elenco, minimal ma penso efficace: di fatto i problemi della nostra agricoltura poggiano su 3 pilastri (giusto per utilizzare un termine abusato da anni a Bruxelles): disequilibrio nei rapporti di forza tra anello produttivo ed anello commerciale e distributivo; mancanza di manodopera; dumping tra imprese sane ed imprese che non rispettano norme etico-sociali (caporalato, ampio uso al lavoro nero e grigio) ed ambientali (utilizzo di prodotti fitosanitari non legali in Ue). E’ vero abbiamo una legge contro le pratiche sleali anche in Italia, nel pieno recepimento di una direttiva europea, ma quante volte è stata utilizzata?
Mancanza di manodopera, il problema è serio. Serve una intermediazione efficace tra la forza lavoro e le imprese, ma dite: i nostri politici hanno capito che fino a quando il “caporale” è l’unica figura in grado di trovare una “squadra” di 10 persone alle 6 del pomeriggio (sempre perchè chi ha il coltello dalla parte del manico può fare richieste di questo tipo, ovvero movimentare tonnellate di prodotto dal campo al magazzino dalla sera al mattino, o viceversa) il lavoro etico, sano e di qualità non potrà mai svilupparsi? Nessun territorio o nessun areale è immune dalla piaga del lavoro nero o grigio (con i sistemi ben noti a tutti), persino nei territori dai nomi altisonanti in etichetta che si fregiano di tutti i regimi di qualità possibili e immaginabili. Il problema c’è e va affrontato, se è vero che anche la GdO si sta preoccupando da qui a 15 anni di chi lavorerà in magazzino.
Calo demografico e gestione delle politiche migratorie sono facce della stessa medaglia. E poi c’è il dumping che per noi agricoltori è IL problema, mentre per chi siede ai piani alti è un non problema, anzi una merce di scambio nel gioco della geo-politica. Già perchè (e i dazi di Trump lo stanno dimostrando) c’è chi gioca a farsi i dispetti con la nostra vita (per non dire altro), mentre ci sono interessi enormi che vengono difesi fuori dai nostri confini da portatori di (troppi) interessi operanti nelle nostre filiere. La realtà è questa. Lo si dica al Commissario Hansen: il problema non è l’hobbista! Il problema è il lobbista!!
Editoriale a cura di Donato Fanelli