PAC, basterà la nuova “Visione” a cambiare le sorti dell’agricoltura?

In questo numero presentiamo un approfondimento sulla visione che sottende la nuova PAC. Per molti è una inversione ad U su alcune tematiche, per altri un correttivo di facciata perchè, a detta loro, all’atto pratico manca una nuova matrice operativa che cambia le carte in tavola. Di fatto si accantona il Green Deal e, soprattutto, quell’atteggiamento poco pragmatico di fissare obiettivi senza concertare con i portatori di interesse nè una road map nè un avvicinamento critico ai goals.
Nonostante il cambiamento di politica, la nuova visione non propone molto in termini di riforma della Pac, se non ribadire vecchie proposte non realizzate come la degressività e il capping.
Queste misure mirano a rendere più equa la distribuzione dei sussidi, assegnando più fondi ai piccoli agricoltori e riducendo i pagamenti alle grandi aziende agricole.
Il sistema dei pagamenti diretti, che rappresenta circa il 75% dei finanziamenti della Pac, è stato a lungo criticato per il fatto di avvantaggiare in modo sproporzionato le grandi aziende agricole. Tuttavia, nella visione non sono previsti cambiamenti concreti.
L’autonomia strategica dell’Europa è oggetto di una posizione più ferma, con l’accento sulla priorità della produzione di beni agricoli essenziali per rafforzare la sovranità alimentare. La nuova Pac sosterrà maggiormente gli agricoltori che contribuiscono attivamente alla sicurezza alimentare, una posizione difesa dal Partito popolare europeo (Ppe) di centro-destra, a cui appartengono il commissario all’Agricoltura Hansen e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen.
Trova ampia condivisione il nuovo approccio, espresso anche da Hansen in conferenza stampa durante la presentazione del testo, insieme a Fitto: “nessun divieto senza alternative”. Di fatto è una acquisizione, finalmente consapevole, di un assunto scontato per qualsiasi operatore della filiera: era incoerente vessare i nostri agricoltori sull’uso (o non uso) di prodotti che venivano utilizzati (in malo modo, aggiungerei) dai nostri competitor che esportavano i loro prodotti nel mercato comune. Un dato di fatto, sicuramente scontato, che i nostri legislatori hanno acquisito solo dopo proteste vigorose in molti paesi europei. D’altrocanto i più maligni vedono in questo approccio un “liberi tutti” che, però non c’è, visto che non abbiamo ancora visto atti concreti che rappresentano questa ipotesi.
Un altro tema cardine della nuova Pac è l’equo compenso ed un riequilibrio dei rapporti all’interno della filiera tra anello produttivo ed anello commercial/distributivo.
Da bruxelles ci dicono che continueranno gli sforzi per rafforzare la posizione degli agricoltori nella catena di approvvigionamento alimentare, paventando una riforma delle pratiche commerciali sleali (Ucp) includerà misure ambiziose per evitare che gli agricoltori siano costretti a vendere sottocosto.
Tuttavia, e in Italia lo abbiamo visto, anche dinanzi ad una legge sul giusto prezzo, la situazione non è cambiata e bisognerebbe capire quale è il nodo da dipanare. Ad oggi vi è ancora un disequilibrio tra le parti contraenti perché c’è ancora troppa sudditanza (non solo psicologica) verso “i poteri forti”. Come sempre, alle parole devono seguire i fatti. La visione dà un orizzonte… bisogna vedere se è cambiato il vento per dare spinta propulsiva ad una barca che inizia ad imbarcare acqua.
EDITORIALE DI ROCCO DEVITO