Olio Evo e Oleoturismo, la parola a Dario Stefàno

A tu per tu con l’ex senatore Dario Stèfano, facciamo il punto sulla situazione dell’olio extravergine in Italia e sulla legge sull’oleoturismo.

In uno scenario critico per via del cambiamento climatico in atto e del costante calo produttivo nonché di remunerazione dei produttori, la nuova frontiera dell’olio extravergine italiano può davvero essere quella dell’oleoturismo? Ne abbiamo parlato con l’ex senatore Dario Stefàno.

Ha dedicato il suo ultimo libro alle opportunità dell’oleoturismo in Italia: le potenzialità del nostro Paese sono enormi. Che risultati si possono raggiungere?

“Le possibilità offerte da questo segmento dell’offerta turistica si potrebbe dire siano letteralmente infinite e i risultati che via via si raggiungeranno saranno da ulteriore stimolo e da pungolo per continuare a fare sempre meglio. L’oleoturismo può essere un vero e proprio “miracolo” per gli operatori del settore e non solo, poiché da un solo raccolto all’anno che la natura concede, gli olivicoltori possono passare a due, anche a tre raccolti, in termini di entrate e volume economico. Se saremo realmente capaci di guardare all’olio non più solo come a un prodotto della molitura delle olive, ma come l’emblema di una grande storia e sintesi di tante, diverse, esperienze che si possono fare, con originalità, dal campo al frantoio, allora avremo cominciato a dare il giusto rilievo e spessore a quello che è un patrimonio materiale e immateriale che racconta e rappresenta i nostri territori”.

A due anni dall’approvazione della legge sull’oleoturismo che ha contribuito a varare, quanto è cambiato in questo settore e cosa deve ancora cambiare?

“Senza giri di parole, il vero tallone di Achille nello sviluppo dell’oleoturismo è dato dalla struttura particolarmente piccola che caratterizza e accomuna le aziende olivicole italiane. Una polverizzazione del tessuto produttivo che comporta chiaramente una maggiore difficoltà a fare sistema, a mettere a rete e costruire un’offerta condivisa, organizzata e soprattutto avanzata. Credo, tuttavia, che tutta una serie di fattori esterni, quali le difficoltà climatiche sempre più pressanti, la conseguente riduzione dei raccolti e quindi la diminuzione dei volumi di fatturato diretto, possano spingere, come in una sorta di vincolo esterno, a convergere e accelerare verso un necessario cambiamento/ rinnovamento”.

Se Piemonte e Toscana sono tradizionalmente tra le mete preferite in tema enoturismo, quali regioni italiane possono spiccare il volo nell’offerta dedicata all’extravergine?

“Sicuramente tutte quelle regioni che esprimono la propria identità agricola attraverso l’olivicoltura. Stando ad un criterio meramente quantitativo, saranno chiamate a svolgere una parte da leone regioni come la Puglia, la Calabria e la Sicilia. Ma, non per mero campanilismo, mi aspetto una risposta di assoluto protagonismo da parte della mia Puglia. Questa regione, che ospita alberi millenari patrimonio Unesco perché vere e proprie sculture di un passeggio irripetibile, è allo stesso tempo però vessata dalla piaga della Xylella. L’oleoturismo potrebbe pertanto essere un’autentica possibilità di risposta resiliente”.

Come se lo aspetta il 2023 in termini di rinnovata capacità di offerta dell’eccellenza italiana?

“Credo che il nostro Paese abbia tutte le carte in regola per esprimere al meglio il grande profilo qualitativo della produzione primaria ma anche dell’accoglienza. Dirimente sarà il continuare a spingere, su entrambi gli aspetti (prodotto- accoglienza), sul pedale della qualità e dell’identità: l’unicità che caratterizza i nostri sapori, così come i nostri paesaggi agricoli, la nostra accoglienza, dovranno essere declinati in una chiave di altissimo livello per intercettare un turismo esigente che chiede unicità ma anche di emozionarsi con esperienze autentiche”.

Che aspettative ha sul nuovo Governo in merito ad attenzione al settore olio e quali misure si attende più rapidamente il varo?

“Sono un italiano che tifa Italia, sempre e comunque. Per cui spero sinceramente che il nuovo governo, per l’olio così come per il vino e per tutte le produzioni che qualificano il nostro made in Italy, abbia e dimostri quella sensibilità e quell’attenzione che ha sempre dichiarato di nutrire e sulle quali peraltro ha raccolto anche il consenso elettorale che lo ha portato a Palazzo Chigi”.

Cambiamento climatico, produzione in calo, remunerazione del produttore spesso non sufficiente: l’Italia cosa deve fare per rimanere ai vertici quali-quantitativi del settore oleario?

“Dobbiamo continuare a produrre le nostre eccellenze aggiungendo solo un ulteriore sforzo, quello di saperle raccontare e comunicare al meglio, con professionalità, attenzione, cura dei dettagli e con un approccio che ci porti a migliorare sempre di più, a nutrire l’ambizione che si possa essere all’avanguardia anche per la capacità di mettere a sistema prodotti, paesaggi, creatività e servizi all’altezza della sfida. Si tratta insomma di rispondere e corrispondere ad una esigenza sempre più avvertita da parte del consumatore moderno, che è sempre più consapevole e informato su ciò che acquista”.

Fonte: I Grandi Vini

Potrebbe interessarti anche...