L’Export agroalimentare europeo vola (Italia sugli scudi)

Durante i primi nove mesi del 2021, gli scambi commerciali nel comparto agroalimentare (export+import) in Europa hanno raggiunto il valore storico di 238,5 miliardi di euro, con un incremento superiore al 6% rispetto al periodo Gennaio-Settembre 2020 (12 mesi comunque importanti per la crescita del Made in Italy). Crescono in maniera proporzionale sia l’import (94,2 miliardi per un + 3,5%) e l’export (145 miliardi per un +8%). Sono i dati contenuti del rapporto “MONITORING EU AGRI-FOOD TRADE: DEVELOPMENTS JANUARY-SEPTEMBER 2021”, presentato dalla Commissione Europea. Dati che attestano un avanzo in positivo della bilancia commerciale europea nel comparto agroalimentare: un’eccedenza complessiva del commercio agroalimentare equivalente a 51 miliardi di € per i primi nove mesi dell’anno, con un aumento del 17% rispetto allo stesso periodo del 2020.
I PRODOTTI CON PIU’ APPEAL – Il periodo gennaio-settembre ha registrato un forte aumento dei valori di esportazione di vino, acquaviti e liquori. Altri significativi aumenti del valore delle esportazioni sono stati osservati per gli oli di colza e di girasole, il cioccolato e la pasticceria. Sono viceversa diminuite considerevolmente le esportazioni di alimenti per bambini e di frumento. Un significativo decremento lo registrano gli agrumi (-11,6%) i frutti tropicali (-10,6%) e la verdura (-2,8%). Un dato importante per la nostra Regione che va approfondito.
CAMBIA LA GEOPOLITICA – Cambia la mappa dei paesi più attrattivi per i nostri prodotti: il maggiore aumento delle esportazioni si registra verso gli Stati Uniti, cresciuto del 15%, principalmente grazie alle esportazioni di vino, acquaviti e liquori, insieme a cioccolato e dolciumi. Il comparto del vino traina anche l’export verso la Corea del Sud, abbinate all’export di carne suina, del frumento e del frumento segalato. Nel nostro continente, invece, crescono quelle verso la Svizzera. Per la prima dopo la Brexit si segnalano aumenti nell’esportazione verso il Regno Unito: nel 2021 hanno per la prima volta superato l’importo del corrispondente periodo dell’anno precedente, aumentando di 166 milioni di €. Discorso diverso per l’import dal Regno Unito che diminuisce del 27% per una cifra vicina ai 3 miliardi di euro. Calano, invece, i traffici verso l’Arabia Saudita, Hong Kong e Kuwait.
IMPORT – Crescono gli scambi in entrata per prodotti provenienti dal Brasile, le cui importazioni sono cresciute di 1,4 miliardi di €, con un aumento del 16 % rispetto allo stesso periodo del 2020. in crescita anche le importazioni dall’Indonesia, dall’Argentina, dall’Australia e dall’India. Calano le importazioni da Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda e Moldavia.
ANCHE IL MERCATO INTERNO PREMIA L’ITALIANITA’ – Se all’estero prediligono il Made in Italy, anche nella nostra penisola i consumi che premiano la “nazionalità” del prodotto sono in ascesa. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Immagino di Gs1 Italy contenuti nella nona edizione del report nel 2020 il giro d’affari degli alimenti col tricolore era aumentato di +7,6%, in netto miglioramento rispetto al +2,1% messo a segno nel corso del 2019. La crescita coinvolgeva il 26,3% degli 84.804 prodotti alimentari rilevati e superava gli 8,4 miliardi di euro di vendite nei supermercati e ipermercati italiani. Le referenze analizzate oltre 22 mila. Lo studio era stato realizzato con un monitoraggio di otto diverse indicazioni relative all’origine italiana dei prodotti, riportate sulle loro confezioni. La più importante sia per numero di referenze sia per giro d’affari era la bandiera italiana: compariva su quasi 13 mila prodotti alimentari che generano il 14,7% del sell-out totale di supermercati e ipermercati. Il podio delle performance di vendita più brillanti nel 2020 spetta però alle indicazioni geografiche Dop (+11,2%, +7,1% nel 2019) e Igp (+11,1%, +0,3% nel 2019) e al claim “100% italiano” (+9,5%). Il 2020 aveva visto crescere il valore delle vendite anche di tutte le indicazioni geografiche europee, che complessivamente rappresentano il 6,4% dell’offerta di prodotti alimentari confezionati venduti in supermercati e ipermercati. Tra gennaio e dicembre il giro d’affari dei vini Doc (Denominazione di origine controllata) era salito di +8,8%, beneficiando di una domanda in espansione e del traino di vini e prosecco. Le vendite dei vini Docg (Denominazione di origine protetta e garantita) erano aumentate di +5,9% nell’arco dei 12 mesi. Infine aveva riportato il saldo annuo in attivo, dopo il -1,2% del 2019, il claim “prodotto in Italia”, rilevato su oltre 7 mila referenze, che ha ottenuto un aumento di +1,2% delle vendite.
L’exploit del vino
L’intero ciclo economico della produzione e della commercializzazione del vino crea circa 3 milioni di posti di lavoro diretti a tempo pieno e che nei primi sette mesi del 2021 gli scambi di vino, che rappresentano la prima voce dell’export agroalimentare della ue, hanno registrato un aumento del 30%, raggiungendo quota 2,2 miliardi di euro. Il vino Made in Italy conquistato la leadership in Europa per produzione ed esportazioni: vale la pena ricordare che già nel 2021 le esportazioni italiane hanno registrano un rimbalzo del 19%. Un’annata record anche per la Puglia con un fatturato record di 1 miliardo per il vino pugliese nel 2021. Tra i primi dieci posti delle bottiglie che hanno fatto registrare il maggior incremento dei consumi in valore del vino italiano, spingendolo verso il successo, troviamo nelle prime quattro posizioni due vini pugliesi, il Primitivo pugliese (+23,6%) e il Negroamaro pugliese (+14,6%).
Quindi mai così tanto vino è stato acquistato all’estero. Ma a minacciare questo trend sono le politiche dei consumi che si stanno elaborando a Bruxelles.
Nelle scorse settimane è stata approvata la relazione redatta dalla commissione speciale per la lotta al cancro (Beca) del Parlamento Europeo che pone un pesantissimo veto al consumo di vino. I punti dibattuti del documento vertono sul fatto che non esiste un livello sicuro di consumo di alcol, e che non si fa alcuna distinzione tra il vino e i superalcolici, tra l’abuso e il bere moderato. Un documento che impatta (molto) sul futuro di alcuni comparti strategici dell’agroalimentare italiano. La relazione non si limiterebbe a proporre aumenti delle tasse ma secondo le organizzazioni di categoria spingerebbe ad introdurre allarmi per la salute nelle etichette delle bevande alcoliche come per i pacchetti di sigarette. Una decisione che ne scoraggerebbe il consumo da parte di quasi un italiano su quattro (23%) che smetterebbe di bere o ne consumerebbe di meno, secondo un sondaggio on line di Coldiretti. Ma a preoccupare sono soprattutto gli effetti sulle esportazioni, che superano i consumi interni, per un valore destinato a sfondare per la prima volta quota 7 miliardi di euro.
Si tratta peraltro di un orientamento incoerente con il sostegno accordato dal provvedimento alla Dieta Mediterranea, considerata un modello alimentare sano e benefico per la prevenzione di molte malattie, tra cui il cancro, ma che si fonda anche sul consumo regolare di un bicchiere di vino ai pasti.
Questa relazione, di fatto, ha delle conseguenze immediate per il comparto, penalizzato per l’accesso ai fondi europei, vincolato al rispetto di alcuni principi contenuti in documenti strategici, dal Farm to Fork al Piano di lavoro sulla promozione in agricoltura 2022 passando per il piano comunitario di lotta al cancro che, evidentemente, sarà in linea col Piano di Azione di lotta al cancro in fase di concertazione dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (che fissa l’obiettivo della riduzione del 20% di alcol entro il 2030). Entro il mese di gennaio si potrebbe cambiare il testo della relazione sul Piano europeo di lotta contro il cancro che, allo stato attuale, penalizza fortemente non solo i produttori di vino, ma anche quelli di salumi, carni rosse, etc.