Le novità fiscali per l’agricoltura nel 2025: crediti di carbonio e coltivazioni innovative

La riforma fiscale introdotta dal Decreto Legislativo 192/2024 segna un momento di svolta per il settore agricolo italiano, con rilevanti cambiamenti già operativi per il periodo d’imposta 2024. 

Coltivazioni fuori suolo e innovazioni normative

Una delle principali innovazioni introdotte riguarda le coltivazioni fuori suolo, come quelle idroponiche, aeroponiche e vertical farm. La riforma del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir), con particolare riferimento all’articolo 32, ha eliminato il precedente limite che vincolava la determinazione del reddito agrario alle sole potenzialità del terreno. In passato, le coltivazioni non legate alla terra non potevano beneficiare della determinazione del reddito su base catastale. Ora, con la nuova normativa, il reddito agrario viene definito considerando il ciclo biologico, purché almeno una fase essenziale dello sviluppo della pianta si realizzi secondo quanto stabilito dall’articolo 2135 del Codice Civile.

Particolarmente significativa è l’introduzione della lettera b-bis al comma 2 dell’articolo 32, che permette di assimilare al reddito agrario le coltivazioni realizzate in strutture protette come serre, fabbricati dismessi o vertical farm. I vantaggi fiscali derivanti da questa disposizione riguardano anche gli immobili accatastati nelle categorie specifiche elencate nella norma (C/1, C/2, C/3, C/6, C/7, D/1, D/7, D/8, D/9 e D/10). Tuttavia, rimane da definire con un decreto attuativo la superficie agraria di riferimento per il calcolo del reddito agrario, nonché le modalità di dichiarazione catastale dei fabbricati destinati a queste produzioni.

In assenza del decreto, il legislatore ha previsto una disciplina transitoria che stabilisce che, per le coltivazioni in fabbricati, il reddito agrario sia calcolato prendendo come riferimento il reddito dominicale più elevato della provincia, parametrato alla particella catastale e moltiplicato per il 400%. Questo approccio riconosce la maggiore redditività delle coltivazioni innovative rispetto a quelle tradizionali.

Crediti di carbonio: il riconoscimento come attività agricola

Un ulteriore elemento di grande rilievo riguarda il trattamento fiscale dei crediti di carbonio. Con l’introduzione dell’articolo 56-bis, comma 3-ter, del Tuir, i proventi derivanti dalla cessione di crediti di carbonio vengono riconosciuti come reddito agrario, purché prevalgano rispetto agli altri beni tipici della produzione agricola definiti dall’articolo 2135 del Codice Civile. Qualora tali proventi superino la soglia di prevalenza, l’eccedenza sarà soggetta a tassazione con un’aliquota del 25%.

Questa modifica supera un’interpretazione restrittiva espressa nel 2020 dall’Agenzia delle Entrate, secondo la quale i crediti di carbonio, considerati beni immateriali, rientravano nel reddito d’impresa e, quindi, erano soggetti a una maggiore imposizione fiscale. La riforma, invece, attribuisce all’agricoltura un ruolo fondamentale nella lotta ai cambiamenti climatici, valorizzando le pratiche di carbon farming e riconoscendo fiscalmente la capacità di alcune coltivazioni di stoccare anidride carbonica.

Nonostante questa apertura normativa, in Italia manca ancora un mercato regolamentato dei crediti di carbonio. Il Decreto Legge 13/2023 ha istituito presso il Crea il Registro Pubblico dei Crediti di Carbonio su Base Volontaria, ma l’elaborazione delle linee guida necessarie per il suo funzionamento è tuttora in corso.

Un’agricoltura sostenibile al centro delle politiche fiscali

Le novità introdotte dalla riforma fiscale rappresentano un cambiamento significativo nel panorama agricolo nazionale, promuovendo un modello più sostenibile e innovativo. L’estensione del regime fiscale favorevole alle coltivazioni fuori suolo e il riconoscimento dei crediti di carbonio come attività agricola evidenziano un approccio strategico volto a valorizzare il ruolo dell’agricoltura nella transizione ecologica.

Questa nuova impostazione non si limita alla produzione alimentare, ma considera l’agricoltura come un settore chiave nella riduzione dell’impatto ambientale e nella mitigazione dei cambiamenti climatici. Sebbene alcune questioni applicative restino da definire, la riforma pone le basi per un futuro in cui le imprese agricole saranno protagoniste di un’economia sempre più verde e resiliente.

                                                                                                                                                                                      Articolo a cura di  Antonietta Cea