L’alert in etichetta è un alert nei rapporti di forza in Europa

Le politiche europee in materia agricola ed agroalimentare mai come in questi anni sono teatro di battaglia in cui i paesi membri portano avanti le proprie strategie di competizione economica.

Per carità sin dai tempi della costituzione dell’UE è stato così, anzi si potrebbe tranquillamente asserire che l’Unione sia nata per regolamentare una competizione economica (e politica) tra le varie nazioni. Tuttavia la mossa dell’Irlanda di procedere “da sola” nel proprio percorso di messa al bando di vino ed alcolici costituisce un precedente pericoloso in termini di procedure, relazioni ed equilibri tra strutture nazionali e sovrastrutture europee.

Partiamo dall’inizio, ovvero dalla notizia: bottiglie di vino, birra e liquori dovranno riportare severi avvertimenti sulla salute che delineano i collegamenti diretti con il consumo di alcol e tumori mortali, recando indicazioni sui pericoli di malattie del fegato dovute a un consumo eccessivo, nonchè sul rischio che corrono i bambini non ancora nati se le donne incinte consumano alcol, con avvisi anche nei pub.

Una decisione nata sin dall’anno scorso: il governo irlandese ha notificato alla fine del giugno 2022 alla commissione europea la sua intenzione di introdurre l’etichettatura e di concedere tre mesi agli altri stati membri per rispondere. Le disposizioni sono previste dal progetto di regolamento sulla salute pubblica del 2022, mentre una volta avviati, i regolamenti consentono ai produttori di alcolici di avere altri tre anni di anticipo per modificare la loro etichettatura.

Le reazioni? Ovviamente una levata di scudi alzatisi in difesa del Made in Italy e di un settore trainante del nostro agroalimentare. L’Italia è il principale produttore ed esportatore mondiale di vino con oltre 14 miliardi di fatturato, di cui più della metà all’estero, una filiera che in Italia dal campo alla tavola garantisce 1,3 milioni di posti di lavoro ed è la principale voce dell’export. 

Il primo ad intervenire è stato l’europarlamentare Paolo De Castro (S&D).

“Sorprende come la Commissione europea non prenda minimamente in considerazione la posizione approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento Ue che, nella risoluzione sulla lotta contro il cancro del febbraio scorso, ha categoricamente escluso l’introduzione di sistemi di etichettatura sanitari, come quelli presenti sui pacchetti di sigarette – ha esordito l’europarlamentare italiano, membro della commissione Agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo –  ancora una volta ci troviamo di fronte al tentativo di alcuni Paesi nord-europei di demonizzare settori che rappresentano un patrimonio della nostra cultura e tradizione eno-gastronomica, con richieste paradossali che peraltro mettono a serio rischio il funzionamento del mercato unico europeo, con i nostri produttori che si troverebbero a dover rispettare norme di etichettatura differenti da un Paese Ue all’altro. Fortunatamente – prosegue De Castro – il via libera non è definitivo: ora l’Irlanda dovrà essere autorizzata anche dall’Organizzazione mondiale del commercio, in quanto questa normativa rappresenta una barriera anche a livello internazionale. Un processo che prevede una durata di circa 60 giorni”. Le speranze sono affidate ad un niet dell’OMC, tuttavia in ballo c’è molto di più della semplice posizione del settore vitivinicolo e brassicolo italiano; c’è la messa in discussione dei rapporti tra Commissione e Parlamento europei.

“Se da un lato la Commissione pare abbia scelto di voler condizionare le scelte dei consumatori europei, come Parlamento lavoreremo invece per informarli di più e meglio, con sistemi di etichettatura delle bevande alcoliche più trasparenti, che forniscano informazioni sul consumo moderato e responsabile. Un lavoro già iniziato, con la revisione del regolamento sulle Indicazioni geografiche, che dovrà essere lo strumento per proteggere allo stesso modo tutti i prodotti di qualità europei, a partire dal vino, da questi tentativi di criminalizzazione”, evidenzia ancora l’eurodeputato dem.

Posizione chiaramente condivisa da tutti i rappresentanti delle organizzazioni di categoria. Per la Cia è sconcertante lo scenario che si va ora delineando, con una mossa che sdogana l’autonomia decisionale dei singoli Paesi Ue e compromette il lavoro fatto fino ad ora a livello comunitario nell’ambito del Cancer Plan, proprio a tutela della salute dei cittadini, ma senza demonizzare il consumo, moderato e responsabile, di vino, da distinguere nettamente dall’abuso. Dunque, Cia esprime il suo disappunto non solo rispetto alle avvertenze irlandesi “il consumo di alcol provoca malattie del fegato” e “alcol e tumori mortali sono direttamente collegati”, ma anche di fronte alla Commissione europea che sembra mostrare il fianco a facili associazioni vino-sigarette, lasciando inascoltati i pareri contrari di Italia, Francia, Spagna e altri sei Paesi Ue, e mettendo a repentaglio anche il principio di libera circolazione delle merci in Europa. Al Governo italiano, da parte di Cia, la richiesta di tornare a sollecitare l’Europa sugli impegni già presi per promuovere uno stile di vita sano e una corretta informazione. Per Giansanti di Confagricoltura “occorre contrapporre a queste decisioni l’evidenza che è solo l’abuso di alcol, e non il consumo moderato, a poter determinare effetti nocivi sulla salute – conclude Giansanti – Soltanto con strumenti di prevenzione ed educazione al consumo consapevole è possibile evitare i fenomeni dell’alcolismo”. Interessanti i rilievi espressi dall’UIV

Per il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi:

“Il mancato intervento della Commissione europea mette a repentaglio il principio di libera circolazione delle merci in ambito comunitario e segna un precedente estremamente pericoloso in tema di etichettatura di messaggi allarmistici sul consumo di vino. Temiamo che la Direzione generale per la Salute voglia adottare nei prossimi mesi questo approccio a livello europeo lasciando nel frattempo libera iniziativa ai singoli Paesi membri, al fine di sdoganare sistemi adottati senza un previo dibattito pubblico a livello europeo. I fatti di oggi – ha concluso Frescobaldi – segnano uno scenario paradossale e ingovernabile, fatto di una babele di etichette all’interno dell’Unione europea che purtroppo non risolvono il problema dell’alcolismo, che dovrebbe essere basato su un approccio responsabile nei consumi di prodotti molto diversi tra loro”.

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