La rigenerazione sostenibile di un’agricoltura e di un paesaggio che cambia: opportunità frutticole e sfide climatiche in areale infetto
La diffusione di Xylella fastidiosa subsp. pauca (Xfp) nel Salento ha rappresentato una sfida critica per l’agricoltura locale, colpendo uno dei simboli più rappresentativi del territorio: l’olivo. Le conseguenze si sono estese ben oltre l’agricoltura, colpendo il paesaggio, il turismo e la cultura locale. Per molti imprenditori agricoli, la distruzione degli oliveti ha significato perdere non solo una fonte di reddito, ma anche un’eredità familiare e storica profondamente radicata nella comunità. In questo contesto, la ricerca di alternative colturali si configura come un salvagente indispensabile per l’agricoltura salentina e pugliese. Diversi progetti, tra cui quelli promossi dalla Fondazione IPRES e dal Distretto Agroalimentare di Qualità Jonico-Salentino (DAJS), stanno tracciando un percorso verso una rigenerazione agricola sostenibile. L’introduzione di alternative frutticole rappresenta anche un’opportunità per diversificare la produzione e adattarsi a un futuro caratterizzato da sempre più pressanti incertezze climatiche e nuove sfide fitosanitarie. Due lavori di ricerca1,2 svolti negli ultimi anni hanno esplorato la potenziale coltivazione di specie arboree alternative, attraverso approcci avanzati basati su analisi ecologiche e GIS. Ben 14 specie sono state analizzate e valutate, per comprendere quali potessero essere le migliori alternative in areale infetto.
l’agricoltura che cambia, le specie agricole:
Tra le possibili, il melograno (Punica granatum) emerge come una delle colture più promettenti (figura 1). Grazie alla resistenza alla siccità e alla capacità di adattarsi a diverse tipologie di suoli, questo albero si propone come una soluzione concreta per sostituire gli oliveti colpiti. Con una superficie potenziale di circa 268.886 ettari nel Salento, il melograno offre prospettive economiche rilevanti, grazie alla crescente domanda dei suoi frutti, apprezzati non solo per il consumo fresco e le proprietà nutraceutiche, ma anche per la trasformazione industriale in succhi e derivati. La sua coltivazione potrebbe non solo compensare le perdite economiche degli olivicoltori, ma anche aprire nuovi mercati e opportunità di esportazione. Il mandorlo (Prunus dulcis), parte integrante della tradizione agricola pugliese, rappresenterebbe un ulteriore valida alternativa. Con 70.537 ettari di superficie vocata, questo albero combina una forte resistenza alle condizioni di scarsità idrica con un elevato valore di mercato. La sua reintroduzione su larga scala potrebbe fornire una fonte di reddito stabile per gli agricoltori, contribuendo al tempo stesso alla conservazione della biodiversità locale. Il fico (Ficus carica), con 103.975 ettari di terreno potenzialmente adatto, si colloca tra le colture che possono recuperare un ruolo di primo piano nel panorama agricolo salentino, grazie alla sua rusticità e alla possibilità di valorizzare varietà locali ormai trascurate.
Figura 1. Mappe di vocazionalità di mandorlo, fico, kiwi, nocciolo, pistacchio e melograno in infetto da Xylella fastidiosa subsp. pauca. Le zone in rosso indicano le aree vocate per ciascuna specie, in base ai dati agro-climatici e agli optima di ogni fruttifero.
Il pistacchio (Pistacia vera), benché meno diffuso, offre un’opportunità unica per diversificare le colture ad alto reddito. Con 40.583 ettari disponibili, principalmente nel leccese, questo albero combina la resistenza alla siccità con un mercato in forte crescita, dove i suoi frutti possono raggiungere prezzi anche fino a 12 euro al chilogrammo. Allo stesso modo, il kiwi (Actinidia chinensis), coltivabile principalmente nelle aree del barese, rappresenta una scelta strategica per diversificare la produzione di frutta fresca, anche se la sua espansione è limitata dalle specifiche esigenze climatiche, come il fabbisogno di ore di freddo invernale. Specie innovative, benché da sempre presenti nelle nostre campagne come il carrubo (Ceratonia siliqua), offrono ulteriori possibilità di rigenerazione. Con oltre 263.000 ettari di superficie vocata, il carrubo si distingue per la sua capacità di prosperare in condizioni di estrema siccità e su terreni marginali, rendendolo ideale per le aree più aride del Salento. I suoi frutti, ricchi di zuccheri e proteine, hanno applicazioni versatili sia nell’alimentazione umana che industriale, costituendo un’opzione concreta per diversificare le fonti di reddito degli agricoltori. Attualmente le carrube e i prodotti derivati sono importati da altri Paesi, come Turchia e Spagna3. L’azzeruolo (Crataegus azarolus), il nespolo del Giappone (Eriobotrya japonica) e il fico d’India (Opuntia ficus-indica) si configurano come colture alternative con un notevole potenziale di adattamento. L’azzeruolo, con oltre 173.000 ettari disponibili, contribuisce alla conservazione della biodiversità ed è apprezzato per i suoi frutti nutrienti e ricchi di antiossidanti. Il nespolo, noto per la sua resistenza a parassiti e malattie, offre una produzione sostenibile e a basso impatto ambientale. Il fico d’India, con 87.734 ettari vocati, si distingue per la sua tolleranza a condizioni climatiche estreme e la sua versatilità, producendo frutti, foraggio e persino barriere naturali.
Figura 2. Mappe di vocazionalità di avocado, carrubo, azzeruolo e nespolo del Giappone in areale infetto da Xylella fastidiosa subsp. pauca. Le diverse zone in rosso evidenziano le aree vocato per ciascuna specie, in base a una combinazione dei diversi ottimali ecologici considerati.
Anche colture meno tradizionali come il gelso bianco (Morus alba), il kaki – o diospiro- (Diospyros kaki) e il noce (Juglans regia) meritano la giusta attenzione. Il gelso, fondamentale per l’industria della seta e apprezzato per i benefici nutrizionali dei suoi frutti, si adatta a una vasta gamma di condizioni ambientali. Il kaki, con circa 13.114 ettari di superficie vocata, è apprezzato per la qualità e la dolcezza dei suoi frutti, mentre il noce, con una superficie più limitata di 8.677 ettari, offre legno pregiato e noci di alto valore commerciale.
Figura 3. Mappe di vocazionalità di gelso bianco, kaki, fico d’india e noce in areale infetto da Xylella fastidiosa subsp. pauca. Le diverse zone in rosso evidenziano le aree vocato per ciascuna specie, in base a una combinazione dei diversi ottimali ecologici considerati.
Questi alberi rappresentano molto più di semplici alternative colturali; sono veri e propri salvagenti per gli agricoltori del Salento. La loro introduzione consente non solo di mitigare le perdite causate dalla Xylella, ma anche di creare nuovi modelli di agricoltura sostenibile, capaci di affrontare le sfide climatiche e fitosanitarie del futuro. Attraverso politiche di incentivazione, programmi di formazione e investimenti in ricerca, è possibile trasformare questa crisi in un’opportunità per rilanciare l’agricoltura salentina e garantire un futuro prospero e sostenibile per le comunità locali.
bibliografia
1Alhajj Ali, S., Vivaldi, G.A., Garofalo, S.P., Costanza, L., Camposeo, S. (2023). Land Suitability Analysis of Six Fruit Tree Species Immune/Resistant to Xylella fastidiosa as Alternative Crops in Infected Olive-Growing Areas. Agronomy, 13(2), 547. DOI: 10.3390/agronomy13020547
2Costanza, L., Maldera, F., Garofalo, S.P., Vivaldi, G.A., Camposeo, S. (2024). Ecological Optima Show the Potential Diffusion of Minor Tree Crops in Xylella fastidiosa subsp. pauca-Infected Areas Through a GIS-Based Approach. Frontiers in Agronomy, 6:1421627. DOI: 10.3389/fagro.2024.1421627
3https://agbaragriculture.com/cultivo-del-algarrobo/
articolo a cura di Francesco Maldera e Simone Pietro Garofalo