La diffusione del “Brusone del grano” allarma gli agronomi

I ricercatori sono allarmati dalla diffusione del “wheat blast”, un patogeno fungino scoperto per la prima volta in Brasile, che si sta diffondendo e che potrebbe diventare globale.

Gli scienziati hanno analizzato i genomi di campioni del fungo, il cui nome scientifico è magnaporthe oryzae, prelevati da focolai in Zambia e Bangladesh e scoperto che entrambi hanno avuto origine da rami distinti di uno stesso ceppo proveniente dal Sud America. Questo suggerisce che il fungo abbia raggiunto l’Africa e l’Asia indipendentemente, facendo pensare che probabilmente sia l’attività umana a diffonderlo.

“Il wheat blast al momento minaccia la coltivazione del grano in alcune delle parti più povere del mondo”, scrive il fitopatologo Nick TALBOT, coautore di un articolo su “plos biology” da cui è tratto quello di “nature”.

LA STORIA – Dal febbraio del 2016 un fungo sta mettendo in seria difficoltà la già fragile economia del Bangladesh, causando la distruzione di oltre 15.000 ettari di grano in poco tempo e coinvolgendo 8 distretti. Si tratta di un fungo “noto” in quanto già dal 1985 causa periodicamente la perdita di quantitativi ingenti di grano in Sud America e in Kentucky (USA). Ora la minaccia è seria e reale anche in Asia, dove il grano è la seconda principale fonte di sostentamento dopo il riso. Per cercare di contrastare velocemente questa minaccia, una task force di scienziati ha creato Open Wheat Blast, un progetto per la condivisione e lo scambio di dati e conoscenze su questo temibile fungo. Intanto in Inghilterra, in uno dei centri d’eccellenza per le biotecnologie vegetali, è stata messa a punto una tecnica che potrebbe permettere di ottenere in tempi brevi un “supergrano” resistente alle malattie.  

Dal riso al grano, dalle Americhe all’Asia – Il fungo Magnaporthe oryzae è la causa della malattia del grano detta wheat blast, nota in italiano con il nome di brusone. Un cugino strettissimo di questo fungo causa il ben più conosciuto brusone del riso, una malattia identificata in 85 paesi produttori di riso e che distrugge ogni anno una quantità di cibo che potrebbe alimentare milioni di persone. L’analoga malattia che colpisce il grano è stata identificata per la prima volta nel 1985 nello stato di Paranà, in Brasile. Da allora il brusone del grano si è diffuso lungo tutto il Sud America fin agli Stati Uniti, arrivando ad abbattere di un terzo la produzione di grano in alcuni Paesi negli anni di maggior diffusione. Nel febbraio 2016 il fungo ha fatto la sua comparsa anche in Bangladesh con una diffusione definita dagli stessi ricercatori “esplosiva”. A complicare la situazione si aggiunge la scarsa efficacia degli anti-fungini disponibili. Il fungo, infatti, attacca le parte terminale delle spighe di grano e non le foglie, come succede invece per il riso, ed è per questo meno “raggiungibile” dagli agenti chimici.

Dati aperti per agire in fretta – Agire e farlo in fretta. Questa, secondo i ricercatori del Sainsbury Laboratory, è l’unica strada per contrastare l’infezione e con questo obiettivo coordinano il progetto Open Wheat Blast, una rete di laboratori su scala internazionale che si scambiano dati e informazioni attraverso un sito web per arrivare il più velocemente possibile a una completa caratterizzazione genetica del fungo che sta minacciando le coltivazioni di grano in Asia. Proprio grazie ai dati condivisi su Open Wheat Blast un gruppo dell’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia di Zurigo ha identificato la provenienza del ceppo fungino che si sta diffondendo in Asia, probabilmente introdotto in Bangladesh dal Brasile attraverso il grano importato. Questa osservazione è particolarmente importante, in quanto smentisce l’ipotesi che il M. oryzae fosse in qualche modo “saltato” dall’erba, che infetta abitualmente, al grano e pone un monito importante anche per gli altri paesi asiatici che importano grano brasiliano.  

Verso il “supergrano” –  Se da un lato si corre una gara contro il tempo per fermare il brusone del grano, dall’altro la ricerca continua per cercare di ottenere piante sempre più resistenti agli attacchi dei microorganismi. Nei laboratori del John Innes Centre è stata messa a punto una tecnologia “cattura-geni” che potrebbero portare in futuro allo sviluppo di nuove varietà di grano resistenti alle malattie. La tecnologia, chiamata MutRenSeq, permette di identificare in modo preciso i geni per la resistenza all’interno dei grandi genomi delle piante. I geni per la resistenza altro non sono che una sorta di “lucchetto” che le piante utilizzano per impedire l’accesso agli agenti patogeni. Con il tempo, tuttavia, i microorganismi possono trovare la chiave per aprire questi lucchetti e le piante devono quindi sviluppare altre resistenze. L’insieme di questi geni costituisce, quindi, un sistema di difesa multi-livello piuttosto efficace. Grazie alla nuova tecnologia sviluppata nei laboratori inglesi identificare questi geni potrebbe essere molto più rapido e, di conseguenza, è molto più reale la possibilità di sviluppare varietà di grano resistenti alle malattie, compresa quella che sta decimando la produzione in Bangladesh proprio in questi mesi.

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