Foglie tra i grandi del G7

Un editore che viene intervistato dal proprio giornale non configura una buona prassi, ma alle volte le regole sono fatte per essere infrante. Perchè proprio in quella eccezione c’è tutto il senso della regola! Intervistiamo il nostro editore perchè nell’anno del nostro diciottesimo compleanno ci è arrivato un regalo inaspettato: siamo stati al G7 con i nostri partner, nell’ambito del progetto della Comunità dell’economia rurale. A Brindisi per raccontare l’agricoltura dall’interno, sporcandoci le mani di terra, come abbiamo sempre fatto. Parola al nostro editore, Donato Fanelli.

DONATO, UNA FANTASTICA AVVENTURA CHE VEDE FOGLIE TRA LE ECCELLENZE AGRICOLE ED AGROALIMENTARE IN VETRINA AL G7. A NOI VIENE DEMANDATO IL COMPITO DI FARE DA CASSA DI RISONANZA DEI TEMI CHE RIGUARDANO L’AGRICOLTURA ED IL MONDO RURALE. TE LO ASPETTAVI UN PERCORSO DEL GENERE DELLA TESTATA CHE HAI FONDATO INSIEME AD ALTRI SOCI NEL LONTANO 2006?


Nella nostra road map che a ottobre ci porterà al compimento dei 18 anni dalla fondazione di Foglie, sicuramente una tappa da ricordare è questa che ci ha visto tra i grandi della terra. Abbiamo presenziato questo importante evento di caratura internazionale, mantenendo fede alla nostra mission, ovvero parlare di agricoltura, agroalimentare, sviluppo rurale col piglio di chi vuole sempre creare uno spunto di riflessione ed approfondimento. Con piacere abbiamo dato la nostra adesione ad un partenariato importante che vede Tenuta Pinto capofila di un progetto dedicato all’economia rurale, certificata e sostenibile. Ringrazio tutti i partner della “” ed in primis il mio amico Domenico Pinto, ma anche tutti i consulenti e project manager che hanno reso possibile questo progetto. Io personalmente ci credo e ci crediamo fortemente: il futuro della nostra agricoltura passa da una adesione convinta ai temi della sostenibilità, ma soprattutto da un percorso di certificazione che attesti l’adesione a protocolli internazionali. Non è il futuro, è il presente. E la Puglia ha dimostrato di esserci, lanciando un messaggio chiaro ed inequivocabile. Il ruolo di Foglie era questo e penso che siamo riusciti nell’intento.

QUESTO 2024 SARA’ RICORDATO ANCHE PER LE PROTESTE DEL MONDO AGRICOLO EUROPEO STRETTO NELLA MORSA TRA INCREMENTO DEI COSTI DI PRODUZIONE COMPRESI CARBURANTI ED ENERGIA, INFLAZIONE AL RIALZO E CALO DEI CONSUMI, EXPORT COMPROMESSO A CAUSA DI GUERRE E TENSIONI INTERNAZIONALI ED UNA POLITICA CHE CERCA DI COPRIRE LE NUDITA’ CON UNA FOGLIA DI FICO, A SCAPITO DEGLI AGRICOLTORI. IL MONDO AGRICOLO, OGGI PIU’ CHE MAI, SI SENTE FRAGILE…


Ho vissuto in modo partecipato le proteste degli agricoltori, anche in virtù di un percorso personale cui devo molto. Ho avuto l’onore di far parte della più grande organizzazione europea, rivestendo il ruolo di Presidente Nazionale dei Giovani Imprenditori Agricoli. Una esperienza che mi ha formato, ma mi ha anche permesso di conoscere la rete del mondo agricolo nei suoi gangli più profondi. Ho ascoltato con attenzione le voci di chi protestava, sono sceso in strada anche io, al fianco dei giornalisti. L’ho fatto per cogliere non solo le ragioni profonde di un malessere e per testare il grado di fiducia verso l’intero sistema di rappresentanza. C’è una stata una frattura, questo è indubbio. Resta da capire se questa frattura è ricomponibile. Gli agricoltori sono allo stremo delle forze e gli episodi tragici di chi non ce la fa più a sopportare questa pressione ci sono stati anche in Italia, in Germania ormai i suicidi sono all’ordine del giorno. Se il tessuto produttivo, la base, sostiene di non essere stati ascoltati bisogna profondere tutti gli sforzi possibili per ascoltarli e tessere relazioni nuove. Ormai la figura del vecchio agricoltore non c’è più, oggi sanno tutti leggere e scrivere, tuttavia in molti credono di capire il mondo e le sue evoluzioni ma non sanno interpretare le traiettorie di sviluppo. A questo servono le categorie di rappresentanza: ad accompagnare un settore nel futuro. Va bene tutto: il sovranismo, l’autosufficienza, ma poi questi principi dobbiamo calarli nel pratico, altrimenti rimane pura demagogia, sterile propaganda. Tempo fa ho, come al mio solito, lanciato una provocazione: c’è ancora spazio per l’agricoltore o diventeremo tutti mezzadri? In una fase storica in cui fondi d investimento e multinazionali dell’agroalimentare comprano la terra per soddisfare le proprie esigenze, il compito dell’agricoltore sarà quello di gestire. E qui, non mi esimo dal lanciare un’altra provocazione: nel tessuto imprenditoriale agricolo quanti sono i veri imprenditori e quanti hanno da sempre la “testa” del mezzadro?


UNO DEI TREND TOPIC ORMAI E’ LA SOSTENIBILITA’. SIAMO CHIAMATI A PRODURRE IN MODO SOSTENIBILE PRESERVANDO LA BIODIVERSITA’ E LE ECCELLENZE DELLA DIETA MEDITERRANEA. COME CAMBIA LA VISIONE DI UN IMPRENDITORE AGRICOLO?


La sostenibilità non è solo una leva di marketing, il cosiddetto green refresh. Molte aziende, è vero, la sfruttano per pulirsi l’immagine. Altre invece ci credono. Io ritengo che la sostenibilità è insita nel modello di agricoltura tramandato dai nostri nonni, attento alla vocazione di un territorio, sensibile verso la tutela dell’immenso patrimonio di biodiversità che custodisce. L’idea di produrre con sempre meno risorse è attualissima perchè viviamo in una terra afflitta da siccità, con un sistema di reperimento dell’acqua vetusto e poco moderno. I cambiamenti climatici sono poi una spada di Damocle sulle nostre teste perchè hanno visto moltiplicarsi gli eventi metereologici estremi. Dall’altro lato c’è un sistema di gestione del rischio che si sta adattando al mutato contesto, ma rimane ancora inaccessibile per gran parte dei produttori.

MOLTO SPESSO SI PARLA DI VALORIZZARE IL MADE IN ITALY, RITIENI CHE LAVORARE SUL DUMPING DEI PAESI ESTERI SIA UNA PRIORITA’ PER COMBATTERE LA CONCORRENZA SLEALE?


Qualcosa va fatto ed al Ministro Lollobrigida ho detto che se veramente si vuole fare qualcosa a difesa del Made in Italy, bisogna cambiare le regole del gioco a livello europeo. Accetto una dinamica di mercato che ci vede rivaleggiare in America, ad esempio, ad armi impari: io che rispetto rigorosi disciplinari, pago la manodopera col giusto remunero, la faccio lavorare in condizioni di sicurezza, le permetto di fruire di sacrosanti diritti di assistenza alla salute, non uso prodotti fuori legge. Ma mi trovo a competere di chi fa le cose in sfregio alle più elementari norme di convivenza tra umani. Non ritengo che la strada giusta siano i dazi, tuttavia penso che se non cambiamo le cose ne pagheremo le conseguenze in modo irrevocabile.

OGGI IL MONDO AGRICOLO SI STA RIVOLTANDO CONTRO LE IMPRESE DI TRASFORMAZIONE ITALIANE CHE IMPORTANO LA MATERIA PRIMA DALL’ESTERO. SU QUESTA POSIZIONE SEI SCETTICO, PERCHE’?


Perchè sono le normali leggi di mercato. Vedo che gli organi preposti stanno agendo in modo encomiabile nel contrastare il fenomeno delle importazioni illegali che trasformano con un “battito di carte” prodotti extra-Ue in prodotti italiani. C’è una nuova sensibilità, anche se i controlli sono ancora troppo pochi. Dall’altra parte dico, invece, che ho già visto le stesse proteste, con gli stessi slogan che echeggiavano al valico alpino già 20 anni fa. O seguire un tir di grano europeo dal porto fino al punto di stoccaggio serve a ben poco. E’ pura propaganda. E’ un serrare le file. Che per carità, ci sta anche. Vale come un monito: noi ci siamo e vi osserviamo. Ma sono decenni che conosciamo le dinamiche. Serve a ben poco.

MOLTO SPESSO STIGMATIZZI IL FATTO CHE IN ITALIA SI ABUSA DEL TERMINE TRADIZIONE, SENZA BADARE ALLE LOGICHE DEL MERCATO CHE PASSANO DA POSIZIONAMENTO DEL PRODOTTO, IDENTITA’ E RICONOSCIBILITA’ DELLO STESSO E INNOVAZIONI IN LINEA CON I CAMBIAMENTI DEI CONSUMI IMPOSTI DAI CONSUMATORI….


Si perchè il cerasicoltore di Conversano o Turi o di qualsiasi altro paese dice che le sue ciliegie non le ha nessuno. E questo vale tanto per il produttore di uva che l’olivicoltore di Bitonto o di Palo del Colle. Ma il mondo sta cambiando. E l’olio spagnolo in termini di qualità, ormai non ha da invidiare niente a nessuno. Io ripeto da anni un mantra: non si deve produrre questo o quello perchè cosi faceva mio padre, si deve produrre per il consumatore. E’ la legge del marketing più elementare: prima di creare qualcosa devo capire quale bisogno soddisfo, quali sono le esigenze, i gusti, le idee, le visioni e le esperienze di chi lo andrà ad acquistare. Una legge che non si applica in agricoltura perchè i nostri prodotti sono i migliori a prescindere. In alcuni settori siamo riusciti a fare un upgrade, penso ad esempio al comparto dell’uva da tavola o del vino. Ma in altri siamo lontani dal raggiungimento del risultato. Produciamo ancora solo perchè dobbiamo produrre. E, vista in questa ottica, io ringrazio che ci siamo trasformatori che acquistino in blocco le nostre partite di prodotto, un prodotto anonimo, senza un plus da vendere sul mercato può essere solo stipato in container che viaggiano verso zone che hanno saputo investire. Piaccia o no, questa è la realtà.