Il verde nelle Città del futuro: riusciranno i nostri politici ad andare oltre i proclami?

Con sempre maggior frequenza gli articoli pubblicati sui giornali prendono in considerazione l’impianto di alberi per cercare di fronteggiare il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici a esso conseguenti.

A me questo non può fare altro che piacere, visto che sono 25 anni che mi occupo a livello di didattica e di ricerca proprio di questo. Ma alberi e foreste non sono la panacea di tutti i mali che abbiamo causato al pianeta e, soprattutto, a noi stessi con uno sviluppo che è stato insostenibile per decenni.

Il sottoscritto, insieme a Ludovico Del Vecchio, ha anche scritto un libro dal titolo “La Terra salvata dagli alberi”, nel quale abbiamo sottolineato un fatto: vengono spesso menzionati grandi numeri, ma il pensiero scientifico e un po’ di sano pragmatismo ci dicono che gli alberi da soli non possono essere il proiettile d'argento che uccido il lupo mannaro climatico e che la piantagione degli alberi e il mantenimento della copertura forestale attuale sono più efficaci che sono parte di un più ampio portafoglio di misure di mitigazione e di adattamento.

Gli alberi possono fare molto, ma non tutto. E non possiamo pensare che una volta piantati abbiamo risolto tutto e dobbiamo solo aspettare per godere dei loro benefici.

Gli alberi possono aiutarci a combattere il cambiamento climatico, l’inquinamento e le disuguaglianze sociali, la depressione e la solitudine, perfino a ridurre l’incidenza di malattie non trasmissibili, ma richiedono investimenti “veri” e non parole.

Ma non basta dire “piantiamo alberi”. Dobbiamo aver ben chiaro, a tutti i livelli decisionali:

a) Cosa vogliamo

b) Come possiamo raggiungere quello che vogliamo

c) Come possiamo gestire ciò che vogliamo

Per quanto riguarda la prima domanda è necessario definire quali siano le finalità perseguite a livello:

– Generale (es. paradigma della sostenibilità)

– lungo termine (finalità ottenibili in 5 o più anni)

– medio termine (finalità perseguibili nei 5 anni)

– breve termine (finalità perseguibili in 2-3 anni)

– annuali (finalità di ogni anno)

La seconda domanda richiede invece una risposta che fa riferimento al quadro pianificatorio, programmatorio e regolamentatorio e quindi agli strumenti che permettono di individuare gli obiettivi e determinati dalle finalità prima espresse.

La terza domanda impone la conoscenza di quelle che sono le risorse umane ed economiche che possono essere allocate nella gestione di ciò che avremo a seguito di nuovi impianti.

Questo modello, semplice, ma che spesso sfugge alla “politica dell’annuncio” sembra che non sia mai considerato da coloro che sovrintendono alle decisioni politiche. I pianificatori si lamentano perché non vengono inclusi nel processo decisionale, i paesaggisti perché non vengono coinvolti nel progetto, i gestori (agronomi e forestali) perché si ritrovano a dover gestire qualcosa che economicamente e tecnicamente risulta quasi impossibile da fare.

E allora chi decide il futuro “verde” delle nostre città (che poi è anche il nostro futuro)??

Fonte: Arboricoltura Urbana-Arboriculture and Urban Forestry di Francesco Ferrini