Il valore dell’uva da tavola

Anche durante questo convegno realizzato da CUT ed IFOA dal titolo “Il valore dell’uva da tavola” la parola chiave resta la stessa, quella che ci ripetiamo da mesi, ma forse da anni: AGGREGAZIONE.
La sala è piena e tutti sono d’accordo con il professor Angelo Frascharelli (Professore associato di economia agraria, alimentare ed estimo rurale presso l’Università di Perugia) che durante il suo intervento ci spiega che la filiera agroalimentare ha una forma a clessidra.
Cosa vuol dire? Immaginate una clessidra appunto, sulla base superiore quella ampia abbiamo i produttori agricoli che sono tanti e piccoli, man mano che si scende la clessidra si fa più sottile fino ad arrivare al punto di restringimento, lì nel punto più piccolo abbiamo le imprese di trasformazione e di distribuzione, la clessidra dopo questo punto torna ad allargarsi fino alla base inferiore dove ci sono i consumatori, anche loro tanti e piccoli. Bene questo disegno che spero vi siate immaginati ci dice due cose:
- Gli anelli deboli della filiera sono i produttori ed i consumatori che si trovano all’apice e sul fondo della clessidra, tanti e piccoli, non hanno potere contrattuale.
- Il potere di mercato cioè la capacità di imporre i prezzi è nelle mani delle aziende di trasformazione e di distribuzione che sono poche e grandi.
C’è un solo modo per risolvere questa problematica, AGGREGARSI, “collaborare per competere” dice il Professor Frascarelli,“gli agricoltori da soli sono foglie al vento”.
L’obiettivo qui oggi è parlare della filiera dell’uva da tavola, il presidente della CUT Massimiliano del Core evidenzia l’importanza del catasto varietale, la raccolta dei dati e com’è cambiata la filiera negli ultimi anni, ormai le uve prodotte non solo in Puglia ma anche in Sicilia sono quasi tutte senza semi, il miglioramento genetico ha letteralmente risollevato questa filiera e gli agricoltori, seppur con qualche perplessità iniziale si sono lanciati in coltivazioni di nuove cultivar, osare ha portato i suoi frutti.
La domanda che oggi ci si pone è: Basterà?
Sento spesso dire dai produttori che il comparto agricolo ha la memoria corta, “bastano due anni buoni e ci si dimentica dei periodi difficili”.
Forse questo convegno, se leggo bene gli intenti di CUT e di IFOA, oggi ci serve a guardare avanti con consapevolezza, a dirci: bene, questi ultimi due, tre anni sono stati buoni ma il problema resta perché il mercato è fatto nel modo che ci ha spiegato il Professor Frascarelli e quindi per quanto possiamo lavorare bene e fare le scelte giuste, esiste un mercato che possiamo tenere sotto controllo in un unico modo, aggregandoci.
Per avere più potere contrattuale, per avere più controllo sui prezzi per avere le redini di questa filiera che altrimenti domani per un motivo qualunque potrebbero di nuovo sfuggirci dalle mani.
Il Professor Roberto Della Casa, fondatore di AGROTER, nel suo intervento dal titolo “Modelli aggregativi per il miglioramento della performance commerciale dell’uva da tavola”, ci racconta delle esperienze realizzatesi su altre filiere in altri luoghi di Italia, una su tutte riguarda la filiera delle pere ed è UNAPera.
UNAPera è una società consortile a responsabilità limitata fra 25 imprese che rappresentano il 70% delle pere commercializzate sul mercato italiano nell’ultimo triennio, UNAPera è una testimonianza del fatto che un prodotto che ha una territorialità radicata come la pera in Emilia Romagna ed una frammentazione della produzioni in termini di numerosità delle imprese può essere valorizzato da operazioni di aggregazione strutturate e studiate su misura per quella specifica situazione.
Noi abbiamo un territorio vocato alla produzione di uva da tavola, abbiamo un prodotto di qualità che necessita di valorizzazione, certo la frammentazione delle aziende agricole è rilevante, siamo in un territorio in cui le imprese sono tante e di piccole o piccolissime dimensioni ma questo non è diverso per le altre regioni e non è diverso nell’esperienza di UNAPera.
Allora forse le domande che dovremmo porci sono:Qual è il reale impedimento che ci limita nel realizzare una forma aggregativa?
Esiste un problema strutturale? Ma soprattutto, abbiamo voglia di risolverlo?
Articolo a cura di Francesca Galizia