Il punto sui prezzi del cibo, tra guerra e pandemia

BMTI, intervenuta alla VII edizione del Festival del Giornalismo Alimentare di Torino, ha presentato Il punto sui prezzi del cibo, tra guerra e pandemia tratteggiando un quadro sui prodotti e sui settori dell’agroalimentare nazionale che, in questi ultimi mesi, sono stati maggiormente colpiti dai rincari di prezzo.

Tra i vari incrementi, dall’avvio della guerra, spicca il prezzo del grano tenero nazionale (+31%) e, a cascata, della farina (+50%). Uno scenario che ha comportato, nell’ultimo anno, un balzo del +96% per i prezzi della semola di grano duro, a causa dell’impennata della materia prima (+86%) dovuta alla forte contrazione della produzione canadese.

Forti gli aumenti anche per i  risi italiani, da una parte a causa di una domanda superiore all’offerta e dall’altra a causa delle incertezze sulle prossime semine, legate alla siccità delle regioni del Nord Ovest, principali aree dedicate alla coltivazione del riso. I prezzi del Carnaroli, usato per la preparazione di risotti, e del Selenio, usato per la preparazione del sushi, sono più che raddoppiati rispetto a un anno fa.

In alto gli oli vegetali, condizionati dalle difficoltà negli arrivi di olio di girasole dal Mar Nero. Dallo scoppio del conflitto, infatti, i prezzi sono aumentati di quasi il 70% per l’olio di girasole, nonostante il mercato abbia registrato a maggio una parziale ripresa delle negoziazioni dalle zone colpite dal conflitto.  Diffusi rialzi anche nel settore lattiero-caseario, in particolare per il latte (+57% su base annua per il latte spot di origine nazionale), spinto da una raccolta in calo in alcuni dei principali player produttivi continentali e dall’aumento del costo dell’energia, dei mangimi e dei foraggi. Valori record per il burro, che a maggio ha raddoppiato il suo prezzo.

Tra i formaggi, in rialzo il Grana Padano, principalmente a causa di una contrazione della produzione (+30% rispetto al 2021). Tra le carni si è stabilizzato, seppure su livelli alti, il prezzo delle carni di pollame (+32% per la carne di pollo, +59% per la carne di tacchino) dopo le tensioni di inizio anno dovute ai casi di influenza aviaria in Veneto. Tra le cause, l’aumento dei prezzi dei mangimi arrivati a livelli storicamente elevati (+41% per il mais).

Fonte: BMTI

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