Il consumatore sta cambiando o sta scomparendo?

Lo avevo scritto ad aprile, ribadito a maggio 2024: produrre sempre di più, ma per chi? Ora se ne sono accorte anche la grandi catene distributive che, giustamente, iniziano a riflettere in maniera seria su come iniziare a gestire i cambiamenti della nostra società alle prese con inverno demografico, emigrazione dei giovani e nuovi stili di vita. Anche perchè i (troppi) punti vendita, oggi sono 26mila, dovranno non solo fare i conti col calo di consumatori (solo dal 2016 al 2019 hanno perso 2 milioni di consumatori), bensì anche con la scarsa manodopera.
Partiamo dal primo punto: non facciamo più figli e, quindi, non nascono consumatori. Nel 2024 il numero medio di figli per donna in Italia è sceso a 1,18, segnando un nuovo minimo storico e superando il precedente record negativo del 1995, quando il tasso era di 1,19. Nel 1995 siano venuti alla luce 526.000 bambini, mentre nel 2024 le nascite si sono fermate a 370.000, con un calo del 2,6% rispetto al 2023. La differenza tra nati e morti resta quindi fortemente squilibrata, con un saldo naturale negativo di 281.000 persone: il tasso di natalità oggi si attesta a 6,3 nati ogni mille abitanti, accompagnato da un ulteriore riduzione di 10.000 nascite rispetto all’anno precedente.
Cambia, per forza di cose, la composizione della “famiglia tipo” perchè intanto, cresce la diffusione delle famiglie composte da una sola persona, che rappresentano oggi oltre un terzo del totale. Un fenomeno che va ad impattare sull’offerta della GdO che dovrà rivedere il proprio paniere perdendo la centralità della famiglia giovane e, quindi, dinamica negli acquisti, sostituita dalla “famiglia unipersonale” (citazione di un amico del settore). Sii perderanno consumi del fresco e del “deperibile” con cibi pronti ultra-processati (con tutti gli impatti sulla salute della popolazione, già affrontati innumerevoli volte).
Alla crisi delle nascite, inoltre, si affianca l’invecchiamento progressivo della popolazione, alimentato da una maggiore longevità: nel 2024 la speranza di vita è aumentata di cinque mesi rispetto al 2023. Aumenta, quindi, il peso sul nostro sistema sanitario perchè se è vero che siamo sempre più longevi, è vero anche che l’età media correlata all’insorgenza di patologie gravi o croniche è scesa a 62 anni. E se il nostro sistema del welfare non “tiene” ciò porta a fenomeni come l’emigrazione sanitaria e l’aumento della spesa pro-capite per chi si rivolge al privato. Un mio collega, giustamente, mi faceva notare quanto sia importante questo aspetto perchè nell’età del welfare (previdenza, sanità e scuola) performante il lavoratore o pensionato poteva risparmiare e spendere per case, figli e consumi. Oggi non è più così e il rincaro del costo vita, unito all’indispensabilità del sostegno economico ai figli, riducono di molto la capacità di spesa.
Parallelamente, il Paese continua a perdere forza lavoro: le emigrazioni all’estero hanno raggiunto quota 191.000, di cui ben 156.000 riguardano cittadini italiani, con un incremento del 36,5% su base annua. E se è vero che andremo verso un massiccio impiego della robotica sia in back-end che in front-end, è vero anche che il profilo ideale del giovane lavoratore verrà sostituito con quello dell’immigrato, autentica risorsa per il settore, ci tengo a ribadirlo. Ma ci saranno ingenti investimenti in formazione e specializzazione, questo va messo in conto. Così come va tenuto in conto che l’inclusione degli immigrati nel nostro sistema economico comporterà cambiamenti culturali che già adesso vediamo nel nostro sistema scolastico e che andranno ad impattare sia sui consumi sia nella distribuzione/conformazione dei punti vendita.
Insomma, il futuro è già iniziato. Ma io mi chiedo: i miei amici produttori stanno immaginando come cambieranno le loro aziende da qui a 5-6 anni?