GREEN DEAL: vogliamo continuare a giocare a buoni contro cattivi?

Green deal ci eravamo tanto odiati, ma poi?
Con una tempistica a dir poco interessante questo 2025 ci porta due notizie.

La prima: la lobby degli ambientalisti ha ottenuto fondi comunitari per diffondere il “verbo” (o l’odio direbbero i maligni).

Due: il tanto odiato “Sustainable use of pesticides regulation” viene definitivamente accantonato per “una proposta più matura” (von der Leyen dixit).

Dunque si risolve tutto con un “avevamo scherzato”? Ci basta la spiegazione che la proposta di legge era diventata “troppo polarizzante”?
Qualcosa non torna. Anzi più di qualcosa.

Metto insieme alcune riflessioni.

Il clima da caccia alle streghe era stato costruito ad arte per poter giustificare scelte impopolari che avevano dato luogo a proteste plateali. Il nodo, tuttavia, messo in evidenza anche dai manifestanti è che ci deve essere uniformità tra le politiche interne ed i protocolli per le importazioni.

Se non si mette mano a questo tema, non potremo mai neanche pensare di fare un passo in avanti.

Seconda riflessione.

Stiamo assistendo a livello globale ad un atteggiamento che mette in discussione questo “ambientalismo spinto”: persino i fondi internazionali stanno facendo una riflessione approfondita su quel macrotema che è il concetto di “sostenibilità” nel mondo della finanza.

Sicuramente non assisteremo ad un disimpegno totale, però è in corso un ripensamento di questi asset.

Si è capito che è stato sbagliato l’approccio, troppo riduzionistico e, forse, semplicistico. Su FOGLIE molto spesso avete letto che amiamo interpretare la complessità delle cose.

Ebbene, proprio l’argomento della sostenibilità è complesso perchè riveste tutti i sistemi non solo economici, bensì anche sociali, politici, culturali.

Era, dunque, impensabile partire con “questo sì, questo no” sulla base di report e dossier scientifici commissionati e tirati fuori dal cassetto alla bisogna. Serviva e serve concertazione.

E, lo dico a scanso di equivoci, serve a ben poco lo spauracchio delle cifre sparate dai cannoni delle testate amiche: con questa direttiva perderemmo 20 miliardi, 30, 40, 50.

Sparare cifre al rialzo conta poco. Perchè è indubbio che a cambiare non è solo l’agricoltura, bensì il mondo. I consumi, così come i consumatori calano. Le produzioni si riducono, così come le superfici coltivate. Sono queste le due variabili sulle quali costruire una politica agricola seria e lungimirante.

La tanto sbandierata Dieta Mediterranea sta scomparendo, ma le DOP e IGP aumentano. I cibi ultra-processati come il “già pronto” aumenta a 3 cifre (+400% in Spagna).

I casi di cancro si diffondono a macchia di leopardo in tutta la penisola. Dunque, che vogliamo fare? Vogliamo continuare a giocare ai buoni ed ai cattivi? Volendo possiamo pure farlo tanto il futuro sembra proprio come se non ci appartenesse…

Editoriale a cura di Donato Fanelli