Glifosato, le posizioni (Scientifiche e non) in campo

“Il glifosato non è cancerogeno” a sentenziare la non pericolosità è il RAC, Comitato per la valutazione dei rischi dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa) che ha diffuso il proprio verdetto sull’erbicida, classificandolo come non cancerogeno.

Si presuppone che dopo la valutazione ufficiale del Rac, saranno mantenute le attuali classificazioni per la sostanza.

Il glifosato è uno dei principi attivi più diffusi nei pesticidi, da sempre al centro di studi e dibattiti.

È dal 2017 che l’Unione Europea ha concesso l’approvazione del glifosato, con limitazioni non sempre rispettate. Al tempo, dopo una prima analisi da parte dell’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) e dell’Echa (Agenzia europea delle sostanze chimiche) era stato posto il limite del permesso concesso entro cinque anni, quindi fino al 15 dicembre 2022. Intanto l’elevato interesse per la sostanza reputata fin dall’inizio dannosa da molti esperti, ha mobilitato diversi studi volti a dimostrarne l’effettiva pericolosità.

Sulla questione c’è una disputa scientifica sul livello di cancerogenicità di questo erbicida tra l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità e l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa).

Mariagrazia Mammuccini, portavoce della coalizione italiana “StopGlifosato” alla quale aderiscono cinquantadue associazioni ambientaliste, dell’agricoltura biologica e biodinamica e dei consumatori e coordinatrice della Campagna “Cambia la terra-no ai pesticidi sì al biologico”, aveva presentato oltre 1.300.000 firme da parte di cittadini europei contro l‘utilizzo del glifosato.

Le conclusioni dell’ECHA potranno essere utilizzate dall’Unione Europea per stabilire se rinnovare o meno i permessi per l’utilizzo del glifosato negli erbicidi, come richiesto da molte aziende, a cominciare dalla multinazionale statunitense Monsanto che lo impiega nel “Roundup”, uno dei suoi prodotti più venduti contro le piante infestanti nei campi coltivati.

Nonostante le conclusioni dell’ ECHA il dibattito resta ancora aperto e di non facile soluzione.

Proseguirà, quindi, la battaglia tra chi vuole mantenere l’uso (il mondo agricolo, in particolare, secondo cui non ci sarebbero alternative altrettanto efficienti ed economiche) e chi chiede l’abolizione, entrambi sulla base di studi scientifici. Il Gruppo di valutazione del glifosate (Agg, formato da Francia, Ungheria, Paesi Bassi e Svezia) ha già esaminato, ad esempio, il dossier del Gyphosate Renewal Group (consorzio di aziende che cercano di ottenere il rinnovo dell’uso del principio attivo), secondo cui il glifosate non evidenzia potenziale genotossico, cancerogeno o tossicità riproduttiva. Ma lo Iarc ha definito la cancerogenicità certa per gli animali, probabile per le persone. Gli studi epidemiologici sull’uomo sono difficili, anche se ce ne sono. Provocherebbe stress ossidativo, alterazione del sistema immunitario, interferenza endocrina, che sono tutti meccanismi di cancerogenicità. 

A cura della Redazione di Foglie TV

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