Come sopperire alla mancanza di manodopera stagionale in agricoltura

É necessario prorogare i permessi di soggiorno in scadenza a fine aprile, accelerare sul decreto flussi, attivare i cosiddetti «corridoi verdi», permettere finalmente l’incontro tra domanda e offerta nel comparto agricolo

Ad un anno dallo scoppio della pandemia Covid-19, ci ritroviamo a dover affrontare le medesime problematiche inerenti la manodopera stagionale in agricoltura. Visto il perdurarsi dello stato di emergenza, si pone la questione di come far giungere in Italia gli oltre 340mila lavoratori stranieri necessari per le campagne dei prossimi mesi. La regolarizzazione dei cosiddetti «invisibili», «privi di diritti e di attenzione sanitaria in tempi di pandemia» come è stato giustamente scritto («Sanatoria fallita, così i lavoratori stranieri restano invisibili» di Goffredo Buccini sul Corriere del 20 marzo) non ha sortito i suoi effetti.

Avevamo esternato le nostre criticità sin dal primo momento ma la volontà dei proponenti di farne una battaglia politica personale ha allontanato tutti dal raggiungimento pragmatico del risultato concreto. Ora, come allora, rinnoviamo la necessità non solo di prorogare i permessi di soggiorno in scadenza a fine aprile, di accelerare sul decreto flussi, di attivare i cosiddetti «corridoi verdi» dai Paesi più di interesse quali la Romania, di permettere la «quarantena attiva» già attuata da altri Stati membri come la Germania ma, soprattutto, di permettere finalmente l’incontro tra domanda e offerta nel comparto agricolo.

Alcune associazioni datoriali hanno provato in autonomia – e in maniera lodevole – a sopperire all’assenza di una piattaforma ufficiale ma, ovviamente, è stato impossibile per ovvie ragioni supplire in maniera efficiente, divenendo punto di riferimento per imprese e lavoratori. Eppure sarebbe sufficiente mettere a sistema le banche dati pubbliche esistenti: quella delle imprese, con tutte le singole informazioni ivi incluse le particelle catastali, detenuta da Agea e quella dei possibili lavoratori posseduta dall’Inps, che è a conoscenza anche di quante giornate ha effettuato il singolo nel corso dell’anno e quante, dunque, gliene servono per raggiungere il minimo per poter accedere alla disoccupazione agricola.

L’innovazione tecnologica può tranquillamente permettere di far incontrare domanda e offerta attraverso una piattaforma digitale di facile accesso a tutti: non servirà neppure inserire i propri dati, aziendali o personali, perché i database pubblici detengono già tutto. Basterà inserire la propria offerta/richiesta di lavoro e con un semplice sms si potrà anche mantenere la privacy.

Questa soluzione, del resto, ci aiuterebbe a contrastare anche il caporalato perché finché chi necessita di un bisogno non riesce ad ottenere risposta dallo Stato, si rivolgerà sempre altrove. Anche alle vie illecite. Un obiettivo, dunque, non più procrastinabile per il comparto agricolo che abbiamo ribadito nel parere della Commissione Agricoltura della Camera al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).

Nella missione 5 «Inclusione e coesione», a cui sono assegnate risorse complessive per 27,63 miliardi di euro, abbiamo richiesto che «siano introdotte specifiche linee di azione atte a favorire, in modo rapido, trasparente e semplificato, l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro agricolo, anche attraverso la costituzione di un’unica banca dati». Una indicazione che, siamo certi, il Governo Draghi (con i ministri del Lavoro, Andrea Orlando, e delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli) accoglierà con l’auspicio che diventi presto realtà, innovando per sempre la ricerca di manodopera nel comparto agricolo.

Fonte: Corriere della Sera

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