Come può la genomica rivoluzionare la coltivazione del pistacchio?

La recente decodifica del genoma del pistacchio rappresenta un passaggio fondamentale per l’evoluzione della coltivazione di questa specie, sempre più strategica per i sistemi agricoli delle aree mediterranee e semi-aride. Un progetto internazionale, che ha coinvolto diversi istituti di ricerca, tra cui alcuni dipartimenti di dell’Università di Davis (California), l’Università degli Studi di Palermo e il CREA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria), ha portato alla realizzazione del primo genoma di riferimento di Pistacia vera, cultivar ‘Kerman’, la più diffusa a livello mondiale. Questo risultato fornisce basi scientifiche e operative per lo sviluppo di nuove strategie di miglioramento genetico e per una gestione agronomica più precisa.
Il pistacchio è una specie dioica, appartenente alla famiglia delle Anacardiaceae, apprezzata per la sua resistenza a stress ambientali e per il valore nutrizionale del suo seme. Botanicamente, il frutto è una drupa a endocarpo legnoso, in cui sono deiscenti sia il mallo sia l’endocarpo, caratteristica peculiare rispetto ad altre specie fruttifere. Il ciclo di sviluppo del frutto si articola in quattro fasi distinte: accrescimento iniziale di mallo e guscio, arresto dell’espansione e inizio della formazione del seme, fase di riempimento e accumulo di riserve, e infine maturazione fisiologica.

Attraverso l’integrazione di dati fisiologici su migliaia di frutti raccolti in tre stagioni colturali e l’analisi dell’espressione genica in 14 stadi di sviluppo, è stato possibile associare specifici moduli genici ai principali cambiamenti che interessano guscio, mallo e seme. Particolare attenzione è stata data alla fase centrale dello sviluppo, in cui si concentra la formazione e la qualità del seme, poiché è proprio in questo momento che si determinano aspetti fondamentali per la resa finale, come l’accumulo lipidico, il riempimento completo del frutto e l’assenza di “vuoti”.
I dati hanno evidenziato l’attivazione di geni regolatori chiave nei pathway lipidici, come PvAP2-WRI1 e PvNFYB-LEC1, coinvolti nella sintesi e nell’accumulo di acidi grassi insaturi – in particolare oleico e linoleico – che influenzano non solo la qualità nutrizionale del seme, ma anche la sua conservabilità in post-raccolta.
Il genoma, distribuito su 15 cromosomi per un totale di circa 600 milioni di basi, ha rivelato una struttura complessa con abbondanza di sequenze ripetitive e segmenti mobili (trasposoni), aspetti che aiutano a spiegare l’adattabilità della specie in condizioni pedoclimatiche sfidanti. Queste conoscenze genetiche rappresentano una risorsa preziosa per applicazioni pratiche: dalla selezione varietale con tecniche di breeding assistito da marcatori (MAS), alla definizione di strategie irrigue più efficienti, fino all’individuazione di momenti fenologici ideali per interventi agronomici.
Lo studio propone inoltre un modello integrato per lo studio di altre specie arboree a frutto in guscio, gettando le basi per un’agricoltura di precisione, in grado di coniugare sostenibilità ambientale, stabilità produttiva e qualità del prodotto in un contesto climatico sempre più incerto.
Credits:
Adaskaveg, J. A., Lee, C., Wei, Y., Wang, F., Grilo, F. S., Mesquida… Pesci, S. D., Davis, M., Wang, S. C., Marino, G., Ferguson, L., Brown, P. J., Drakakaki, G., Morales, A. M., Marchese, A., Giovino, A., Burgos, E. M., Marra, F. P., Cuevas, L. M., Cattivelli, L., … Blanco… Ulate, B. (2025). In a nutshell: Pistachio genome and kernel deve- lopment. New Phytologist, nph.70060. https://doi.org/10.1111/nph.70060