Campagna uva da tavola 2021 … caldo e costi HOT?
Intervista al Presidente del CUT Massimiliano Del core
- Com’è andata la campagna uva da tavola 2021?
La campagna uva da tavola 2021 è stata caratterizzata da un grande caldo che ha portato le piante ad un forte stress, portandole ad un grosso sforzo produttivo, però nonostante questo il prodotto reso è di ottima qualità e la produttività è stata solo leggermente inferiore a quella degli anni passati.
Uno degli effetti collaterali è stato l’avvicinarsi delle maturazioni in base alle varietà, ovvero le varietà precoci sono arrivate a raggiungimento di grado zuccherino con maggiore ritardo mentre le varietà tardive stanno anticipando la loro maturazione. Quindi si può dire che nei mesi di settembre e ottobre si concentreranno qualità e quantità del prodotto, dopo un inizio di stagione altalenante ed incerto nella domanda.
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Quali sono le cause della stagnazione dei consumi dell’uva da tavola?
E’ ormai un elemento strutturale da prendere in considerazione il fatto che nonostante la buona qualità dell’ uva da tavola italiana e un sempre crescente grado di innovazione colturale nelle produzioni, il ns. comparto deve misurarsi con la competitività degli operatori stranieri, più innovativi di noi, molto aggressivi commercialmente, e più efficienti di noi nella gestione dei costi di produzione: anch’essi peraltro producono e mettono sul mercato uva da tavola di buona qualità.
L’uva da tavola sul mercato è ormai considerata una “commodity”, dunque viene a mancare quello che è stato ed è il valore aggiunto del made in Italy: se invece ci fosse una migliore comunicazione sulla qualità e l’eccellenza del prodotto, sulle sue caratteristiche, la sua origine, su come viene lavorato e sulla sua storicità si riuscirebbe a promuovere il prodotto e a renderlo più appetibile nel mercato. Bisogna farlo però in maniera aggregata e compatta: anche per questo opera la CUT.
- Che differenze ci sono tra costi e produzione di uva da tavola con i semi e senza semi?
Sul mercato si è evidenziato un forte sbilanciamento dei costi tra uva senza semi e uva con semi. Produrre uva senza semi ha maggiori costi rispetto a produrre uva con i semi per varie ragioni: l’uva senza semi necessita delle stesse attenzioni agronomiche e produttive dell’uva con semi, ha una resa produttiva più bassa e necessita della stessa manodopera di quella con i semi; l’uva senza semi viene confezionata e non viene venduta “sciolta” o “rinfusa”, come viene invece venduta gran parte di quella con i semi, quindi al valore del prodotto alla pianta bisogna aggiungere i costi specifici di confezionamento, imballaggio, raffreddamento e logistica, utili affinchè l’uva mantenga una shelflife maggiore. Tutto questo fa sì che i costi di filiera del prodotto finale siano nettamente superiori. Il mercato però questo non lo riconosce con la giusta consapevolezza, soprattutto adesso che invece le produzioni di uva seedless sono aumentate e l’offerta è in crescita sul mercato: più prodotto è disponibile minore sarà il prezzo.
La filiera dell’ uva da tavola deve comunicare tutto ciò che sviluppa: know how, costi, qualità, genuinità, salubrità e innovazione, così da cercare di ottenere una corretta valorizzazione del proprio lavoro.
- Come CUT cosa pensate di fare per ridurre le criticità del settore?
La CUT (Commissione Italiana Uva da Tavola)
a tal proposito sta mettendo in atto delle strategie di condivisione dell’innovazione, nonché delle iniziative volte, nel medio periodo, a riposizionare l’uva da tavola italiana sul mercato, aggregando la filiera intorno ai comuni obbiettivi della transizione ecologica, della ricerca ed innovazione e della comunicazione e promozione del prodotto e del territorio.
Per ottenere questi importanti risultati la CUT sta per costituire il distretto dell’ uva da tavola, strumento attraverso il quale un intero territorio, un’intera filiera, potrà portare avanti tutti gli obiettivi preposti ed essere adeguatamente rappresentata in Italia ed all’estero.
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