BIOLOGICO VS CONVENZIONALE:  LA SFIDA PER UNA AGRICOLTURA INSOSTENIBILE

Lo studio pubblicato su Sustainability offre un’analisi critica delle differenze tra agricoltura biologica e convenzionale, concentrandosi su rese agricole, uso del suolo, emissioni di gas serra, biodiversità e aspetti della sicurezza alimentare. 

Attraverso un approccio scientifico rigoroso, gli autori esaminano le implicazioni di ciascun modello agricolo, delineando i limiti e le potenzialità di entrambi nell’ottica di uno sviluppo agricolo sostenibile.

Rese agricole e uso del suolo

Uno dei punti più rilevanti trattati nello studio è la resa per ettaro, un parametro essenziale per valutare l’efficienza produttiva dei diversi sistemi agricoli. L’agricoltura biologica, secondo i dati raccolti, presenta rese significativamente inferiori rispetto a quella convenzionale. Le perdite di produttività medie oscillano tra il 19% e il 25%, ma per colture particolarmente importanti come i cereali, le differenze possono arrivare al 50%. Questo dato si distingue come particolarmente critico, poiché una ridotta capacità produttiva impone l’utilizzo di superfici agricole maggiori per ottenere lo stesso livello di output, un problema aggravato dall’aumento della popolazione mondiale e dalla crescente scarsità di terre arabili.

Lo studio evidenzia come, sebbene l’agricoltura biologica contribuisca positivamente alla conservazione della qualità del suolo, le maggiori superfici necessarie per sostenere la produzione alimentare comportano rischi significativi per gli ecosistemi naturali. La pressione sull’espansione delle terre coltivabili, soprattutto in aree sensibili come le foreste pluviali e le zone umide, potrebbe accelerare la distruzione di habitat naturali e compromettere in maniera irreversibile la biodiversità globale. Tale impatto rischia di vanificare gli stessi benefici ambientali che il biologico intende promuovere.

Emissioni di gas serra e sostenibilità climatica

Le emissioni di gas serra rappresentano un’altra dimensione chiave dell’analisi. Contrariamente alla percezione comune, l’agricoltura biologica non risulta necessariamente più virtuosa rispetto a quella convenzionale sul fronte delle emissioni di CO₂. Pur riducendo l’impiego di fertilizzanti sintetici e pesticidi, fattori che contribuiscono all’impatto ambientale dei sistemi convenzionali, il biologico, a causa delle sue rese più basse, può generare un’impronta carbonica più elevata per unità di prodotto. Questo fenomeno è dovuto al maggiore fabbisogno di terreno, il che richiede un’espansione delle superfici coltivate, spesso a scapito di ecosistemi naturali che fungono da serbatoi di carbonio, aggravando così il bilancio complessivo delle emissioni.

L’efficienza produttiva per unità di terreno è dunque un fattore determinante nel calcolo delle emissioni, e l’agricoltura convenzionale, pur con tutte le sue criticità, riesce a mantenere una maggiore efficienza in termini di produzione per ettaro. Tuttavia, lo studio riconosce la necessità di migliorare le pratiche convenzionali, implementando tecnologie più pulite e riducendo l’uso intensivo di prodotti chimici.

Biodiversità: una risorsa locale minacciata su scala globale

Un aspetto in cui l’agricoltura biologica presenta vantaggi innegabili è il suo contributo alla biodiversità, soprattutto a livello locale. L’assenza di input chimici e la rotazione delle colture adottata nel biologico favoriscono la presenza di una varietà di specie animali e vegetali, creando ecosistemi agricoli più ricchi e resilienti. Tuttavia, questo beneficio potrebbe essere vanificato su scala globale se si considerano le implicazioni legate all’espansione dei terreni agricoli. Come già sottolineato, la necessità di incrementare la superficie coltivata per compensare le basse rese rischia di compromettere la biodiversità nelle aree naturali ancora intatte, come le foreste tropicali, che ospitano gran parte delle specie viventi del pianeta.

Questa dicotomia tra i benefici locali e i potenziali danni globali evidenzia una delle principali contraddizioni del modello biologico: se da un lato favorisce la biodiversità a livello aziendale, dall’altro, la sua espansione su larga scala rischia di contribuire alla perdita di biodiversità globale, aggravando i problemi ambientali.

Sicurezza alimentare e impatto socioeconomico

Un’altra dimensione cruciale trattata nello studio è la sicurezza alimentare, un tema che acquisisce ulteriore rilevanza alla luce della crescente popolazione globale. L’agricoltura biologica, con i suoi costi di produzione superiori e le rese inferiori, risulta meno accessibile per le fasce più povere della popolazione, sia nei paesi sviluppati sia in quelli in via di sviluppo. Questo aumento dei costi, dovuto principalmente alla maggiore manodopera necessaria e alla riduzione dell’uso di input chimici, si traduce in un incremento dei prezzi al consumo, rendendo il cibo biologico spesso inaccessibile a una larga fetta della popolazione.

Lo studio sottolinea che un passaggio globale al biologico potrebbe accentuare le disuguaglianze alimentari, aumentando il rischio di insicurezza alimentare nelle aree più povere del mondo. Anche nei paesi più ricchi e sviluppati, dove l’agricoltura biologica può essere sostenuta economicamente, i consumatori tendono a limitare l’acquisto di prodotti biologici a causa dei prezzi elevati, evidenziando l’insostenibilità economica di un sistema agricolo interamente basato su questo modello.

Verso un modello agricolo integrato

Lo studio suggerisce, in conclusione, che la soluzione non risieda in una scelta netta tra biologico e convenzionale, piuttosto in un approccio integrato che si sforzi nel combinare gli elementi più virtuosi di entrambi i modelli. Viene proposto un paradigma di intensificazione sostenibile che prevede l’utilizzo di tecnologie avanzate, come l’agricoltura di precisione e l’impiego di droni e sensori per monitorare lo stato di salute delle colture e ottimizzare l’uso delle risorse naturali.

L’obiettivo di questo modello ibrido è quello di mantenere la produttività necessaria per soddisfare la domanda globale di cibo, riducendo al contempo l’impatto ambientale attraverso una gestione più efficiente delle risorse. Le tecnologie moderne, combinate con pratiche agricole ecocompatibili, potrebbero ridurre significativamente l’uso di fertilizzanti e pesticidi e di alcuni fitofarmaci, minimizzando le emissioni di gas serra e preservando la biodiversità senza compromettere la sicurezza alimentare.

Alla luce di questi dati si evidenzia come , sebbene l’agricoltura biologica offra spunti preziosi per lo sviluppo di pratiche più sostenibili, essa non può rappresentare un modello universale esclusivo. Le sue limitazioni in termini di resa e costi, unitamente ai rischi legati all’espansione delle terre coltivabili, ne riducono l’efficacia come soluzione globale. Al contrario, l’intensificazione sostenibile, che sfrutta il meglio di entrambi i mondi, potrebbe fornire una risposta più equilibrata alle sfide agricole contemporanee, contribuendo a garantire sia la sicurezza alimentare che la protezione dell’ambiente a lungo termine.

Antonietta Cea

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