Uva da tavola

Andamento della campagna viticola 2022

La campagna viticola del 2022 è cominciata sotto i migliori auspici, in quanto l’anno scorso le piante hanno fatto il pieno di luce e caldo e, grazie agli eventi piovosi di ottobre, hanno ricevuto anche molta acqua, aumentando così le loro riserve energetiche e fisiologiche.

Piante che al risveglio hanno reagito con un buon germogliamento e una fertilità elevata. Questa campagna è stata una delle migliori degli ultimi anni a livello di produzioni, che in alcuni casi hanno raggiunto anche le 65 t per ettaro. La siccità, accompagnata da caldo e sole, ha favorito il raggiungimento di buone caratteristiche organolettiche, ma al contempo anche una maturazione precoce, che ha determinato un rapido invecchiamento delle uve. Il caldo di maggio ha accelerato il susseguirsi delle fasi fenologiche, con fioriture e allegagioni
durate anche meno di una settimana. Questo ha provocato qualche problema per le uve precoci che avevano una qualità non eccezionale; al contrario le medio-tardive, soprattutto quelle sotto rete, hanno beneficiato di un clima eccellente.
Fatta questa premessa, dal punto di vista fitopatologico non abbiamo registrato niente di eccessivamente strano. Dopo tanti anni, al germogliamento si è avuto qualche attacco di eriofide (Epitrimerus vitis) e di ragnetto rosso (Panonychus ulmi), oltre all’affezionato tripide (Drepanothrips reuteri). La presenza degli acari è stata determinata con molta probabilità dall’eccessiva pressione dei trattamenti antibotritici e antiperonosporici effettuati alla fine della scorsa campagna, dopo le continue piogge di ottobre e novembre (FOTO 1).

A luglio-agosto puntualmente si sono verificate infezioni di oidio su rachide e sui frutticini verdi, conseguenza di abbondanti irrigazioni, concimazioni e arature che costituiscono un grosso incentivo allo sviluppo della malattia, specialmente se non si è effettuata una lotta eradicante prima e durante la fioritura. Altra problematica seria è stato il tripide estivo, che non sappiamo quasi più come combattere perché si manifesta con un’aggressività elevata e se non si interviene in maniera tempestiva con prodotti efficaci, le migliaia di larve e neanidi riescono a rovinare intere produzioni; in ogni caso chi è stato attento ha superato facilmente le problematiche sopra esposte (FOTO 2-3).


A causa del contenuto zuccherino molto alto, i mezzi acini dei grappoli compatti in alcuni casi si sono fessurati ad anello intorno al pedicello (“cerchietto”) (FOTO 4)

Favorendo così l’insediarsi di marciumi acidi, specialmente dove l’irrigazione non è stata ben calibrata; di conseguenza sono state spese molte giornate per ripulire i grappoli, ritardando a volte la vendita dell’uva. Oltre ai marciumi acidi, dopo le piogge di ottobre, si è insediata anche la botrite (Botritis cinerea), fitopatia che sta arrecando ulteriori difficoltà alla commercializzazione, talvolta con
perdite di produzioni importanti (FOTO 5).

La gestione inadeguata delle acque irrigue ha rappresentato un punto critico che ha condizionato il risultato finale per molte aziende, con conseguente perdita di turgore e consistenza delle bacche, a causa di errati apporti idrici durante la stagione. C’è bisogno di un maggior coinvolgimento dei tecnici e delle aziende nell’installazione e nell’utilizzo di sonde e stazioni agrometeorologiche. Il produttore deve poter decidere in piena consapevolezza quando è necessario irrigare. Se i valori indicati dagli strumenti indicano che le piante necessitano di acqua, non si può rimandare l’apporto idrico. Alcune aziende lo hanno capito e le canoniche “10 ore” somministrate una volta a settimana oggi vengono frazionate e distribuite in 2-3 turni settimanali, ottenendo chiari benefici e riducendo i consumi idrici e l’insorgenza di fisiopatie e altre problematiche legate all’eccessivo lussureggiamento.

Seedless or not seedless? That is the question

Le uve seedless sicuramente hanno un trend positivo che porterà le stesse a conquistare posizioni di maggioranza della nostra produzione di uva da tavola. Dopo un primo approccio ottimistico alle uve senza semi, in quanto si era convinti di aver trovato varietà che alleggerissero il lavoro, gli agricoltori si son resi conto che queste nuove cultivar presentano una complessità nella loro gestione e che, anche se possono rappresentare una carta vincente, non è detto che si riuscirà a valorizzarla in pieno.

Abbiamo ormai centinaia di varietà di uve da tavola, altre si stanno affacciando con programmi di breeding molto aggressivi. Le varietà seedless più facili da coltivare creano concorrenza, perché sono coltivate su larga scala in tutti i paesi a vocazione viticola e non. Erroneamente il produttore pensa che sia più facile produrre queste uve invece che le uve con semi. L’esperienza di questi pochi anni di produzione ha mostrato che le seedless sono molto esigenti e che se vogliamo stare sul mercato dobbiamo fare qualità e impadronirci delle innovazioni agronomiche che queste uve richiedono. Un rimprovero agli agricoltori bisogna farlo: tutti stanno utilizzando i terreni precedentemente coltivati con uve con semi, reimpiantando le nuove varietà con gli stessi
sesti delle uve tradizionali, che sono mediamente 2,40 x 2,40 oppure 2,50 x 2,50 metri.

Questi sesti sono per la maggior parte inadeguati alla coltivazione delle varietà senza semi che sono molto vigorose. Vigoria che facilita in questo modo l’insorgenza di fisiopatie quali il disseccamento del rachide, l’imbrunimento degli acini, il cracking, l’hairlines, ecc., mettendo a dura prova la fiducia del produttore in queste uve (FOTO 6)


Le uve con i semi, non hanno finito il loro tempo, sarà necessario puntare sulla riduzione delle loro produzioni, sul ringiovanimento e il rinnovamento degli impianti e soprattutto su standard qualitativi elevati.
Con queste premesse potremmo crearci una nicchia di mercato importante, specialmente per quei consumatori molto esigenti che vogliono frutti saporiti con le caratteristiche sfumature organolettiche che caratterizzano le uve con semi.
In conclusione, possiamo dire che quest’anno le uve hanno un buon profilo qualitativo e quantitativo, a fronte però di una domanda molto bassa e mercati che procedono a rilento.

C’è l’esigenza di creare marchi da affiancare all’IGP Puglia, in maniera da poter valorizzare tutti gli attori della filiera, avere la possibilità di contrattare alla pari con la GDO, proponendo programmi di promozione nei media e curando oltremodo l’aspetto della qualità. Se non si intraprende questa strada sarà difficile risalire la china per ritornare ai fasti degli anni passati.

Tonino Melillo
Consulente in viticoltura

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