Ambiente é Agricoltura

“Io sono me più il mio ambiente. E se non lo proteggo, non proteggo me stesso.”
Difendere l’ambiente, tutelare chi lavora la terra, parlare di salute mentale in agricoltura: oggi è una responsabilità collettiva.
Ogni anno più di 100 agricoltori muoiono sul lavoro.

Serve un nuovo umanesimo: dove l’agricoltore torna al centro.

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Io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso.

(José Ortega y Gasset).

Per una volta non voglio provocare, perchè andrò a trattare argomenti delicati, ai quali tengo veramente. Il primo: difendere il nostro ambiente (e la nostra economia). Il secondo: difendere noi stessi dai pericoli e dallo stress. 

Come editore oggi più di ieri sento di avere sulle mie spalle una responsabilità, quella di informare in modo autentico, senza filtri…alla ricerca non della verità, bensì delle verità che illuminano un problema da diversi angoli prospettici. In questo numero il direttore e i nostri cronisti affrontano con responsabilità il tema Xylella Fastidiosa avvertendo sui pericoli che la semplificazione e la riduzione di temi complessi sottende pericoli come quello di alimentare posizioni complottiste. In merito alla batteriosi in tanti parlano di responsabilità condivisa: la politica deve porre in essere tutte le misure per un contrasto efficace ed una convivenza nelle aree colpite, ricercatori e scienziati devono continuare a fare ciò che stanno facendo da anni creando nuove traiettorie di sviluppo per la nostra agricoltura, agronomi, consulenti, ordini ed associazioni di categoria devono fare da filtro, separando le informazioni utili da quelle inutili, gestendo flussi di informazione e relazioni in modo ottimale. Noi, invece, come testata ci stiamo mettendo la faccia, dando spazio a tutti ma, nel contempo compiendo un endorsement chiaro e trasparente: la nostra posizione aderisce totalmente al pensiero scientifico e alle conclusioni cui esso ci porta.

Chiarita quindi la prima parte della citazione del filosofo francese, passo agli argomenti che mi stanno più a cuore: la sicurezza sul lavoro in agricoltura e il sostegno psicologico agli imprenditori agricoli. Sulle nostre testate riportiamo il grido di allarme di Federacma che torna a chiedere la revisione obbligatoria dei trattori, partendo da un dato: secondo i dati INAIL, in Italia ogni anno più di 100 persone perdono la vita per incidenti con i trattori, e il ribaltamento è la prima causa. Dobbiamo, dunque, fare una riflessione seria sul tema perchè tre morti in 3 regioni diverse in sole 48 ore non sono un alert, sono una bomba che deve deflagrare nelle stanze che contano. 

Il terzo argomento è quello della salute mentale in agricoltura che, da accademico dei Georgofili, ho la responsabilità di portare avanti. L’accademia vi ha dedicato un incontro a fine maggio ed è importante parlarne (come noi facciamo ormai da 2-3- anni). Un tema delicato e spesso considerato un tabù: molte volte si preferisce non parlarne, le statistiche non sono sempre aggiornate e il fenomeno, compresi i casi di suicidio, purtroppo, è diffuso sia in Italia che in Europa e nel mondo. Lavorare nel settore agricolo, a qualsiasi livello, è tutt’altro che semplice. Le pressioni che gravano sui titolari di imprese agricole possono diventare insostenibili: tra burocrazia eccessiva, isolamento sociale, volatilità dei mercati e instabilità economica, senza dimenticare gli adempimenti ripetitivi o talvolta umilianti.

A tutto ciò si aggiunge il mancato riconoscimento di una parte della società che mette in discussione il valore dell’agricoltura, degli imprenditori agricoli e dell’innovazione che può portare progresso. Questo atteggiamento rischia di vanificare il ruolo fondamentale della ricerca scientifica e di ostacolare lo sviluppo necessario per garantire i diritti di sicurezza alimentare e qualità del cibo.

Come vedete i 3 argomenti sono legati da un fil rouge: tutelare l’ambiente è ormai una missione sociale, ma si tuteli anche l’uomo, sostenendolo nelle sue fragilità e nel suo percorso di crescita professionale, senza metterlo all’angolo stretto nella morsa della burocrazia, dei cambiamenti geopolitici e climatici. Lo ribadivo ormai 3 anni fa: serve un nuovo umanesimo che ponga al centro l’agricoltore come figura chiave di un progresso più a misura d’uomo.

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