Orlandi (Agrotecnici) risponde all'agiografica esultanza del direttore di AGEA

Alla fine vince Agea: fuori dai CAA tutti i liberi professionisti

Fra ieri ed oggi sono state pubblicate tre sentenze del Consiglio di Stato (altre sono in arrivo, fra cui anche quella sul ricorso intentato dal Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati) del lungo contenzioso che ha opposto i CAA dei professionisti e gli Ordini professionali, da un lato, ed AGEA e MIPAAF, dall’altro; con un “convitato di pietra” di colossali dimensioni: le Organizzazioni sindacali/datoriali agricole che, formalmente estranee al contenzioso, applaudivano AGEA (e con ragione, visto che l’Agenzia voleva imporre ai CAA, infine riuscendoci, il modello organizzativo tipico sindacale/datoriale).

Una breve premessa. AGEA-Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, è il principale soggetto erogatore di contributi pubblici al sistema delle imprese agricole. Coordina l’attività degli OPR-Organismi Pagatori Regioni e rappresenta l’Italia nei rapporti con l’Unione Europea. Per i suoi compiti AGEA si avvale, fra l’altro, dei CAA-Centri di Assistenza Agricola presso i quali le imprese agricole debbono necessariamente recarsi per presentare le domande di ammissione ai contributi pubblici.

I CAA, per poter prestare la propria attività, debbono ogni anno sottoscrivere una “Convenzione” con AGEA che ne regola i rapporti: senza la Convenzione un CAA non può operare.

Nel febbraio 2020, al momento di rinnovare la Convenzione con i CAA, AGEA proponeva un testo che prevedeva -a partire dallo stesso anno 2020- che tutti gli operatori dei CAA e così pure chi accede ai sistemi informativi di AGEA dovesse essere un lavoratore dipendente del CAA o delle società con esso convenzionate (cioè le società di servizio, tipicamente dei sindacati agricoli).

L’effetto di quella disposizione era, semplicemente, quello di far chiudere e mettere in liquidazione i CAA dei liberi professionisti nonché interrompere i rapporti lavorativi dei professionisti che collaborano con i CAA, con la chiusura di centinaia di studi professionali ed il depauperamento del reddito di un numero assai più elevato di liberi professionisti.

Mai prima di allora era stata tentata una aggressione di così vasta portata ai liberi professionisti del settore agrario. Il tutto creando un oggettivo vantaggio ai CAA delle Organizzazioni sindacali/datoriali agricole, che avrebbero così “ereditato”, senza colpo ferire, le imprese agricole (peraltro, le più grandi e strutturate) che si erano rivolte ai CAA dei professionisti, qui trovando soddisfazione.

Per usare una metafora: come se in una gara di corsa con due concorrenti il Giudice sportivo sparasse alla schiena di uno dei due, quello più veloce, e poi magari si complimentasse con il vincitore per il suo ottimo allenamento.

Una cosa di questo genere dovrebbe avere anche serie implicazioni relativamente alla concorrenza ma non in Italia, evidentemente, perché l’ANTITRUST giudicò legittima l’azione di AGEA, rilasciando un parere in verità un po’ sghimbescio ma ampiamente vantato dal Direttore di AGEA Gabriele Papa Pagliardini.

Il Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati insorse subito, e veementemente, contro il progetto di “eliminare” i liberi professionisti dal SIAN e dai CAA, quindi presero posizione anche gli Albi degli Agronomi e Forestali e dei Periti agrari. Sulla spinta delle preoccupazioni dei relativi iscritti, i tre Albi, il 18 maggio 2020, sottoscrissero una “Posizione unitaria” trasmettendola sia ad AGEA che al Ministro dell’Agricoltura ed al Parlamento, in tal modo fermando lo sconsiderato progetto. Perché era fin da subito chiaro che l’estromissione dei liberi professionisti non rispondeva ad una logica tecnica o di miglioramento organizzativo (i dipendenti che li avrebbero sostituiti potevano anche essere privi di qualunque titolo di studio specifico, ad esempio) ma esclusivamente di rapporti di forza e di penetrazione politica. E dunque, non potendo competere quanto a “rapporti di forza”, “politicamente” il problema andava affrontato.

Se non che, dopo quel primo successo, fra gli Albi degli Agrotecnici, degli Agronomi e dei Periti agrari non vi sono più state interlocuzioni, di nessun tipo. In realtà vi è stato il contrario perché, poco dopo la firma della “Posizione unitaria”, da parte dei Collegi dei Periti agrari è iniziata una campagna denigratoria contro la categoria degli Agrotecnici, così violenta da obbligare questi ultimi a ricorrere a tutela legale. Poi il Collegio Nazionale dei Periti agrari ha ripetutamente citato in giudizio l’Albo degli Agrotecnici (perdendo le cause, l’ultima pochi giorni fa. Si veda http://www.agrotecnici.it/news2.asp?numero=937).

Non da meno l’Albo degli Agronomi che, seppure con modi assai più civili ed urbani, comunque in ogni sede contesta agli Agrotecnici l’esercizio di loro competenze, rivendicandone invece di “esclusive”.

In altri termini, dopo maggio 2020 si è ripetuto quanto accaduto per il PAN-Fitofarmaci: Ordini professionali divisi, con alcuni che rivendicano “competenze esclusive”. Identico anche il finale: tutti fuori. Dal PAN ieri, dai CAA oggi.

Infatti non appena AGEA (e chi dalla vicenda ne trae vantaggio) si è resa conto che l’unità dei tre Albi era solo fittizia, un “fuoco di paglia” acceso solo per tacitare le preoccupazioni degli iscritti, è tornata alla carica ripresentando la “Convenzione” accantonata ed imponendola. A quel punto sono partiti i ricorsi, ma anche qui senza la minima unità di azione.

Ogni CAA di professionisti (“espressione” di una categoria professionale) ha infatti fatto ricorso autonomamente. Gli Ordini professionali hanno seguito strategie differenti: gli Agrotecnici sono scesi in campo in prima persona, impugnando direttamente la delibera AGEA (perdendo però il primo ricorso al TAR e si è in attesa della decisione del Consiglio di Stato), con l’appoggio della propria Cassa di previdenza e del CUP-Comitato Unitario delle Professioni. I Periti agrari hanno agito non direttamente, costituendosi in aggiunta ai ricorsi dei due CAA dei Periti agrari, insieme alla RPT-Rete Professioni Tecniche, mentre la Cassa di previdenza dei Periti agrari è rimasta a braccia conserte. Diverso ancora il comportamento degli Agronomi, il cui Ordine nazionale (per quanto noto, è sempre difficile avere notizie precise dei ricorsi altrui) non si è costituito in nessun giudizio, lo ha fatto invece l’EPAP, la Cassa di previdenza cui gli Agronomi aderiscono (presieduta da un Dottore Agronomo).

Al TAR, in primo grado, tutti i ricorsi dei CAA dei professionisti, con l’aggiunta di alcuni Ordini professionali e delle loro organizzazioni di rappresentanza sono stati accolti e la Convenzione AGEA annullata.

Veniamo alle sentenze pubblicate ieri ed oggi. Sono tre: la n. 2272 che riguarda il CAA Canapa (sostenuto dalla Cassa di previdenza degli Agrotecnici); la n. 2271, che riguarda il CAA SAE-Servizi Agricoli Europei (sostenuto dalla RPT e dal Collegio Nazionale dei Periti agrari) e la n. 2277 che riguarda il CAA Liberi Professionisti (sostenuto dalla RPT e dal Collegio Nazionale dei Periti agrari). L’esito del giudizio è identico, ma la seconda e la terza sentenza sono molto più argomentate e dunque sono quelle più interessanti.

In sintesi il Consiglio di Stato afferma che:

1. AGEA, consentendo ai CAA di agire come soggetto “delegato”, può decidere sostanzialmente qualunque cosa; perciò imporre l’uso di soli dipendenti non è illegittimo, anzi “proporzionato” dovendo infatti il CAA delegato adeguarsi alle decisioni di AGEA, ciò garantendo una “univoca linea di comando”.

2.I CAA dei professionisti, se non fossero contenti (perché vengono messi fuori mercato) possono sempre rinunciare all’attività (!!!).

3.Il fatto che il Direttore di AGEA, Gabriele Papa Pagliardini, nonostante la delicata carica pubblica, fosse socio di una società di revisione (operante nel settore agricolo), che faceva evidente riferimento ad una Organizzazione datoriale agricola, proprietaria del principale CAA italiano è irrilevante perché il Direttore di AGEA non ha mai svolto ruoli operativi (ci mancava solo questo!).

Così commenta la vicenda Roberto Orlandi, Presidente del Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati “Pur nell’attesa di conoscere l’esito della causa che abbiamo direttamente proposto -sebbene non mi aspetti nulla di diverso- trovo contraddittorie le decisioni del Consiglio di Stato, che giungano a conclusioni apodittiche, ad esempio laddove si afferma che un uniforme livello di servizi <si consegue senza dubbio più facilmente se tutti gli operatori del soggetto delegato (il CAA) sono legati da un rapporto di lavoro dipendente>. Ma perché mai, chiedo? In base a cosa dovrebbe essere così? E, soprattutto, quando mai ci sono state delle disomogeneità nel servizio, dovute ai professionisti, visto che questi operano da oltre 10 anni nei CAA, con pieno successo e gradimento degli agricoltori?”. Sono domande alle quali le sentenze non rispondono, e ciò rappresenta il tipico “errore di fatto” che le rende revocabili. Quando il Direttore di AGEA (Comunicato Stampa AGEA di oggi) afferma che “le sentenze “chiudono definitivamente il contenzioso” si sbaglia di grosso. Perché noi continueremo questa battaglia fino al ripristino di una condizione di parità di trattamento fra liberi professionisti e dipendenti sindacali. Il diritto ci offre ancora strumenti, e li useremo tutti. Contestualmente, visto che i CAA esistono solo in Italia, e visto che se n’è voluto fare una specie di “privativa” per alcuni, porteremo la questione in Europa ed alla Commissione chiederemo che i CAA vengano eliminati: gli imprenditori agricoli devono tornare “padroni” del loro fascicolo aziendale (oppure darlo a chi meglio ritengono).

“Gli Ordini professionali -conclude Orlandi- devono comunque coprirsi il capo di cenere nei confronti dei propri iscritti, in particolare di quelli che nei prossimi mesi dovranno chiudere lo studio, non potendo più accedere al SIAN. L’Albo degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati passa infatti metà del proprio tempo, ed altrettanto quanto ad impiego delle proprie risorse, per difendersi dalle aggressioni -dirette od indirette- degli altri Albi concorrenti. E poco importa se finora queste aggressioni sono state respinte al mittente, perché il tempo che si è perso qui è stato sottratto alla difesa dei professionisti. Ed i risultati, con oggi, si vedono tutti. Se gli Ordini professionali non imparano a lavorare insieme, a rispettare le individualità di ciascuno sostituendo la collaborazione alla denigrazione costante l’uno dell’altro, sono gli iscritti a pagare, sulla carne viva della loro vita professionale, il prezzo maggiore.”

Le sentenze citate sono scaricabili a questi link.

Comunicato Stampa Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici Laureati

Roma, 29 marzo 2022

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