Agricoltura : Per un Pugno di Euro

Nel 2024 torna a crescere l’agricoltura, e l’Italia è prima nell’Ue27 per valore aggiunto, pari a 42,4 miliardi. Seguono Spagna (39,5 miliardi di euro), Francia (35,1 miliardi) e Germania (31,9 miliardi). E’ quanto rivela la stima preliminare dell’andamento economico del settore agricolo per il 2024. Poi c’è il controaltare. Dopo un anno torna la protesta dei trattori al grido “Non hanno mantenuto le promesse”. I manifestanti si chiedono dove vada a finire questo surplus economico che la filiera crea, visto che i produttori sono ancora (e forse di più) in difficoltà come un anno fa. Coldiretti, invece, nell’annunciare un premio a me tanto caro (gli Oscar Green ideati dal sottoscritto) afferma ai quattro venti che tre italiani su quattro (74%) si dichiarano felici se i propri figli o nipoti lavorassero in campagna. Evidentemente un desiderio non condiviso da chi poi in campagna ci dovrebbe andare: a fine 2023, come rivela l’ISMEA nell’ultimo Rapporto Giovani e agricoltura, le imprese agricole condotte da under 35 iscritte nei registri delle Camere di Commercio ammontavano a 52.717, in calo dell’8,5% rispetto al 2018. 

Come sempre, dunque, il settore agricolo è tutto e il contrario di tutto…dipende se si vuole vedere il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. D’altronde anche chi dovrebbe monitorare ed interpretare l’andamento dei trend e delle performance delle filiere ce ne mette del tempo per comprenderle. Dopo 5 anni, Ismea ha avallato i dati anticipati nel 2019 dalla Ambrosetti European House: “su cento euro spesi dal consumatore per l’acquisto di prodotti agricoli freschi, meno di 20 euro remunerano il valore aggiunto degli agricoltori, ai quali, sottratti gli ammortamenti e i salari, resta un utile di 7 euro, contro i circa 19 euro del macro-settore del commercio e trasporto. Per i prodotti trasformati, che implicano un passaggio in più dalla fase agricola a quella industriale, l’utile dell’agricoltore si riduce a 1,5 euro, solo di poco inferiore a quello dell’industria, pari a 2,2 euro, contro i 13,1 euro del commercio e trasporto”.

Beh, meglio tardi che mai! Poi, dall’altro lato, ci sono gli stessi produttori che preferiscono guardare il portafogli mezzo vuoto o mezzo pieno, come nel caso della filiera olivicola. E’ bastato un filotto di 3 annate consecutive con prezzi delle olive finalmente giusti e congrui con il valore del prodotto 100% italiano per dimenticare tutto ciò che nella filiera non va: più del 50% del patrimonio olivicolo vetusto, altissima frammentazione fondiaria, scarsa identità di prodotto e bassa riconoscibilità del consumatore, con una larga parte del mercato che non conosce a fondo le peculiarità dei prodotti oleari a regime di qualità (le varie DOP e IGP che rimangono solo sulle carte…e per le carte)!

Non si continui, dunque, a mettere la polvere sotto il tappeto: serve un sistema di tracciabilità delle olive con il varo di un registro unico europeo, maggiori controlli che mappino le destinazioni finali dell’olio importato, controlli pre-raccolta e verifica delle rese. Ed ancora lotta all’olio fake e pene più severe per chi importa clandestinamente olio Tunisino o Marocchino, spacciandolo per Made in Italy. Sono solo alcune delle proposte che nella prima edizione della Fiera Evolio Expo si ascolteranno. Tuttavia sono curioso di ascoltare provocazioni vere che perturbino il sistema olivicolo dall’interno per fare quell’upgrade che la filiera si aspetta. Continuo ad avere grande stima per il mondo dei produttori e dei frantoiani e credo che sia giunto il momento che prendano in mano il loro destino, togliendolo dalle mani di speculatori.

Editoriale di Donato Fanelli