Agricoltura: imprese giovani sempre più digitalizzate, multifunzionali e competitive ma ancora troppo poche per un settore che si sta rinnovando

L’Italia è tra i paesi che maggiormente contribuiscono all’invecchiamento della popolazione europea, e nelle aree rurali il numero dei giovani si è quasi dimezzato negli ultimi 10 anni, ponendo a rischio la tenuta demografica e socio-economica di interi territori con gravi conseguenze anche sotto il profilo ambientale.

È da queste premesse, assai poco rassicuranti, che prende le mosse l’analisi di Ismea nei giorni scorsi a Torino presso Terra Madre – Salone del Gusto nel corso della conferenza “Generazione Terra”: valore, cibo e ambiente.

Il quadro demografico generale è allarmante e l’esistenza di divari sulla dotazione di infrastrutture e i servizi non favorisce la permanenza dei giovani nelle aree rurali. Più rassicuranti sono i dati sulle imprese a conduzione giovanile in agricoltura, che, seppur di poco, crescono di numero nel quinquennio, in controtendenza rispetto al resto dell’economia e alla progressiva riduzione del numero di aziende agricole nel complesso.

Le aziende condotte da giovani presentano un grado maggiore competitività, produttività, propensione all’innovazione e orientamento al mercato.
In base ai dati del Registro delle imprese, dal 2017 ad oggi sono nate ogni giorno per mano di giovani fino a 35 anni di età 21 nuove aziende agricole, mentre 5 hanno chiuso i battenti, rendendo il saldo tra iscrizioni e cessazioni in attivo per oltre 6.000 aziende nella media del quinquennio.

Per effetto di queste dinamiche il numero di imprese agricole condotte dalle nuove generazioni risulta a fine 2021 di 56.172, manifestando una crescita dello 0,4% all’anno negli ultimi 5 anni.

Nello stesso periodo il numero complessivo delle aziende agricole si è ridotto al ritmo dello 0,7% all’anno e quello delle aziende “giovanili” dell’intera economia addirittura del 2,4%, corrispondente alla scomparsa di oltre 70.000 imprese nel periodo osservato.

I dati dell’ultimo Censimento dell’ISTAT mettono in evidenza alcune peculiarità dei giovani agricoltori che fanno impresa, confermando la stretta correlazione che c’è tra le nuove generazioni e una maggiore competitività, capacità di innovare, di fare rete, di diversificare le fonti di reddito e produrre valore nel territorio.

Mediamente i giovani sono più formati (49,7% dei capi azienda giovani ha un diploma di scuola superiore e il 19,4% una laurea), le aziende da loro condotte sono più grandi (18,3 ettari di SAU per azienda contro 10,7), più orientate al mercato e il loro livello di digitalizzazione è il doppio dell’agricoltura nel complesso, così come più elevata risulta la propensione all’innovazione (il 24,4% dei giovani ha realizzato almeno un investimento innovativo nel triennio 2018-2020, a fronte del 9,7% dei non giovani).

I giovani sono poi in prima linea anche nel modello di agricoltura multifunzionale, che sta cambiando la percezione del settore primario italiano, spesso con importanti ricadute sull’ambiente e sulla collettività, come nel caso della produzione di energie rinnovabili o l’agricoltura sociale.

Il giovane agricoltore, da semplice produttore di derrate alimentari, diventa creatore di servizi e generatore di valore per il territorio rurale, attraverso esempi di successo come gli agriturismi, le attività di trasformazione e vendita diretta dei prodotti, le fattorie didattiche, gli agriasili.

L’incidenza dei giovani nelle aziende con attività connesse, sale infatti al 19%. Questa capacità di creare valore e svolgere funzioni diverse dei giovani incontra un terreno fertile in termini di opportunità di sviluppo e mantenimento delle imprese nelle aree del territorio – ampiamente diffuse nelle province italiane – caratterizzate da eccellenze e peculiarità dei prodotti agroalimentari e da fattori storici, culturali e ambientali, a cui fa da contraltare il dinamismo e l’attivismo delle amministrazioni locali e degli operatori pubblici e privati per la loro valorizzazione attraverso certificazioni, marchi e riconoscimenti in ambito agroalimentare come in ambito turistico e ambientale.

Di queste l’Ismea fornisce uno spaccato originale e dettagliato tramite il suo Osservatorio territoriale della qualità e sostenibilità.

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